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Il futuro della professione del Commercialista

Il commercialista è sotto attacco, da anni: lo attacca la fattura elettronica, Amazon che offre servizi, la concorrenza sleale delle associazioni di categoria, la fuoriuscita di decine di migliaia di dipendenti bancari, la burocrazia italiana, il Ministero che scarica adempimenti obbligatori sull’anello più debole della catena, il professionista appunto.

Da uomo libero, è diventato quasi uno schiavo del sistema.

Eppure, vi è chi invece di recriminare i fasti di una professione del passato, coglie le opportunità di una professione del futuro; gli spazi di consulenza sono infatti molto più ampi oggi di un tempo.

A condizione – però – di saperla fare.

Mesi or sono, pubblicai il primo articolo a quattro mani con un commercialista mio ex allievo; il dottor Roberto De Silvio, finanzialista, che potete trovare qui: La Storia del Commercialista Nei Campi.

Oggi, pubblico il secondo articolo, per fare intendere l’evoluzione del commercialista verso il finanzialista.

Ma chi è e cosa fa esattamente un finanzialista?

Lascerò in corsivo e nel virgolettato il suo racconto e lo commenterò, al fine di rispondere a questa domanda, che mi viene posta spesso sul blog.

TRE SQUILLI DI CITOFONO

Avvertii dalla mia stanza tre squilli ripetuti e nervosi di citofono: il giovane imprenditore agricolo, accolto dalla mia segretaria, in poco tempo, era già seduto in sala riunioni. Questa volta aveva portato con lui il pc. Su un foglio word aveva appuntato una lista di scenari alternativi. Esordì: “vorrei variare le seguenti variabili di natura operativa: il volume dei ricavi per effetto di alternative politiche dei prezzi e per effetto di diverse quantità vendute sulla base di rese alternative, in particolare al ribasso; l’incidenza dei costi variabili di raccolta, di concimazione e di trasporto; l’entità dei costi fissi di struttura, in particolare quelli relativi alla potatura; ma anche le variabili di natura finanziaria e, quindi, se ho appreso correttamente quanto ci siamo detti la corsa volta: il valore del kd (costo del debito); il valore del ke (costo del capitale proprio); darei priorità, però, al prezzo di vendita” – concluse.”

L’IMPRENDITORE CHIEDE DI PIU’

In queste prima parte del racconto, appare evidente come l’imprenditore chieda al finanzialista sempre maggiori competenze, una volta compresa la potenzialità della consulenza. In particolare, egli vuole capire come cambierebbe il progetto di investimento al variare di alcune ipotesi. In altri termini, l’imprenditore sta già facendo quello che negli uffici fidi delle migliori banche si fa da anni: la what if analysis.

Semplicemente, significa rispondere a domande del tipo: “Cosa succede se…?”

 

 

UNO STRUMENTO PROFESSIONALE

Bisognava certamente avere a disposizione uno strumento sofisticato e potente per fare in breve tempo tutte quelle possibili simulazioni d’impatto di soluzioni strategiche, organizzative, operative e finanziarie così differenti nella gestione del progetto. Il modello di valutazione finanziaria excel era stato congeniato in modo perfetto! Risposte chiare, immediate e corrette, al variare delle circostanze e delle ipotesi di base. Potemmo così valutare con serietà e realismo quelle più probabili. I dati del problema potevano essere cambiati continuamente: si era in grado di conoscere immediatamente la convenienza o meno di procedere ancora all’investimento.

 

EFFETTUARE SIMULAZIONI

In questa seconda parte del racconto, il finanzialista sottolinea la differenza tra una conoscenza meramente teorica e la capacità di calcolo di uno strumento professionale, sviluppato in molti anni di esperienza. Solo il secondo, debitamente studiato e praticato, consente al consulente di dare le risposte pratiche e operative che un imprenditore richiede.

 

UN CLIENTE SI APPASSIONA ALLA CONSULENZA

Quello che più confortò il cliente era la raggiunta consapevolezza circa il valore che talune importanti variabili dovevano assumere e al di sotto del quale non conveniva più procedere. L’imprenditore aveva ormai acquisito consapevolezza circa i fattori strategici chiave (killer factor) e livelli precisi di alcune variabili quantitative (kpi) che avrebbero rappresentato i capisaldi nella successiva fase di gestione e monitoraggio del progetto. Continuava imperterrito a “stressare” il piano, a fare cioè degli “stress test”: mutava il prezzo unitario del costo della concimazione, il costo fisso della polizza assicurativa, il costo dell’irrigazione. Concatenava delle ipotesi che solo lui poteva capire essere consequenziali. Ed ogni volta aveva immediatamente a disposizione una dashboard di controllo dei risultati.”

VARIABILI STRATEGICHE

Spesso, qualcuno mi obietta che i miei strumenti sarebbero troppo evoluti rispetto alle capacità di conoscenza dei piccoli imprenditori. Queste persone cercano delle scuse alla propria ignoranza, cercando di fare intendere che gli ignoranti siano gli imprenditori. Come si nota dal racconto, al contrario, il piccolo imprenditore ha perfettamente chiaro come usare queste informazioni, concentrandosi su quelle che egli considera le variabili strategiche.

 

MI CONVIENE ANCORA FARE L’INVESTIMENTO?

Al termine di molte simulazioni, chiosò: “Questi ragionamenti mi serviranno anche successivamente l’avvio del progetto. Se si dovessero realizzare certe condizioni, già sono consapevole degli effetti e quindi delle azioni da porre in essere per riprendere la giusta rotta”. Aveva afferrato il principio della reiterazione del processo di pianificazione e controllo della gestione del progetto. Non era una cosa da fare una tantum solo in sede di valutazione iniziale del progetto, ma una filosofia da applicare costantemente nel continuum della gestione.

Dopo tutte quelle simulazioni, disse: “Ecco, adesso però, vorrei lasciar traccia sul mio pc dell’ipotesi più critica: il prezzo di vendita ipotizzato nello scenario base si riduce del 30% (se si realizzano certe malaugurate circostanze è possibile). Mi conviene ancora fare l’investimento?” “Basta rielaborare il tutto ipotizzando lo scenario con un prezzo di 1,4 euro al kg” risposi, “ed ecco qui con un semplice click la risposta immediata in termini di convenienza dell’investimento! Le rilascio un’appendice in word di What if Analysis da allegare al Business Plan di base”.“Ottimo ancora conviene! Adesso invece voglio vedere se si ipotizza un costo del capitale (Wacc) crescente. Mi conviene ancora fare l’investimento?”, continuò, “anche questo da inserire nell’appendice in word di What if Analysis, mi faccia la cortesia”. “Ecco subito la risposta!”.

 

Terminati i molti test di convenienza, finalmente e solo adesso, eravamo giunti a dover affrontare il problema della copertura finanziaria, ma per oggi poteva bastare. Avremmo affrontato la questione decisiva successivamente a mente più fresca.”

CONCLUSIONE

Il commercialista è visto prevalentemente come un soggetto da chiamarsi in fase finale della gestione, cioè in sede di redazione del bilancio, prevalentemente – se non esclusivamente – redatto a fini fiscali. Naturalmente ci saranno le eccezioni, ma nella più parte dei casi questo comporta la conseguenza che la sua consulenza sia tipicamente ex post, cioè legata ad una ratifica di decisioni già prese, per le conseguenze che queste porteranno sulla dichiarazione.

Al contrario, il commercialista potrebbe essere nuovamente ciò che originariamente era, e cioè un vero e proprio consulente della gestione aziendale, ex ante.

Questo significa interpellarlo per scelte che riguardano, come per l’imprenditore del racconto, elementi di strategia aziendale, come la decisione di effettuare o meno un investimento importante.

Tuttavia, passare da una consulenza generica ad una consulenza evoluta in chiave finanziaria, se da un lato risponde a una necessità crescente e a uno spazio di mercato veramente enorme, dall’altro necessita di competenze avanzate di non facile reperimento sul mercato.

Di più, non basta l’acquisizione di mera conoscenza teorica, rinvenibile da più parti. Occorre, al contrario, disporre di strumenti operativi, redatti in logica professionale, sviluppati negli anni e testati su innumerevoli casi, immediatamente disponibili al professionista.

Solo così, al di là della soddisfazione derivante dal pagamento di parcelle professionali ben retribuite in un campo nel quale non esiste la concorrenza spietata sul prezzo, si realizza anche una seconda soddisfazione immateriale.

Si tratta del vero motivo per il quale facciamo il professionista, sinteticamente rinvenibile in quell’aggettivo che precede il termine e che misura il senso di un lavoro; libero.

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