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La storia del commercialista nei campi

Quando, anni fa, immaginai una scuola specifica per i commercialisti, venivo considerato un pazzo.

Applicare competenze avanzate di finance a un mercato, quello italiano, fatto di micro imprese, alle quali per lo più lo studio professionale offre servizi di base di tipo contabile e fiscale, veniva considerato risibile. Ancor più l’idea di creare uno specialista in finanziamenti d’azienda, un finanzialista.

Bene; vediamo com’è andata a finire, nel racconto di uno degli specialisti che hanno studiato con me e che oggi pubblica il suo primo articolo sul mio blog.

Nel seguito, troverai in corsivo il racconto originale di Roberto. Io mi limito a commentare il suo racconto, scritto la scorsa estate.

La scorsa estate, nei campi…

Andai a trovare il giovane imprenditore dopo aver ricevuto una seconda telefonata nell’arco della stessa giornata: “non vorrei anticiparle nulla e vorrei incontrarla subito, non nel suo ufficio, ma direttamente sul posto dove intendo avviare la mia nuova attività” mi disse.

Quando arrivai, scesi dall’auto: campi, campi sterminati ed aridi in uno sperduto posto dell’alto Lazio.

Avrei dovuto indossare degli stivali da campo, invece portavo dei leggeri mocassini estivi.

Esordì: ”Le piace? Non è affascinante?”.

“Cosa mi deve piacere? Aridi campi abbandonati?! Poi con questo caldo!” pensai tra me.

Poi, senza perdere tempo, iniziò a descrivere, dando fondo alla sua immaginazione, la sua idea, il suo sogno. In breve, mi spiegò che voleva mettere a reddito quel esteso terreno di famiglia (circa 10 ettari) oramai abbandonato, voleva impiantare un mandorleto!

Si trattava di un business scalabile: il primo passo sarebbe stata la semplice vendita al grossista, ma successivamente, grazie a nuovi investimenti, si poteva pensare alla trasformazione della materia prima con un prezzo ed un margine più elevati. Concluse: “Dottore, serve subito finanza per questa nuova idea d’investimento vincente, il tempo per piantare è ormai vicino, mi aiuti a raccogliere la documentazione, andrò poi io a parlare in banca”.

Con pazienza spiegai che, per tentare la via del successo nell’attuale mercato creditizio, occorreva elaborare un business plan ben fatto.

Inoltre, ancor prima e indipendentemente dall’accesso al credito, la domanda prioritaria che si sarebbe dovuto porre era: gli conveniva o meno investire in quel terreno?

L’imprenditore annuì, aveva afferrato al volo. Sulla base dell’accettazione di queste doverose premesse si formalizzò l’incarico.

 

Il MAGO E LA GUIDA

In questa prima parte del racconto di Roberto, emergono due elementi: quello sognante e quello pragmatico.

Il primo è quello dell’imprenditore, colui che cambia la realtà. In me mago agere; dentro di me esiste una forza magica. Il terreno brullo diventa, nella mente dell’imprenditore, un mandorleto e – per il solo fatto di averlo così sognato – quella cosa è già reale.

Poi, c’è il ruolo della guida, di chi aiuta a stare coi piedi per terra.

La prima cosa che spiega il Finanzialista è: ma chi dice che questa cosa valga la pena di essere fatta? Prima di chiedere denaro, occorre capire se quella cosa produce denaro.

AL FRESCO DELL’ARIA CONDIZIONATA…

Al successivo incontro, questa volta molto più rilassati grazie all’aria condizionata della sala riunioni del mio ufficio, fu semplice sistemare la parte descrittiva che era già ben fatta.

In poco tempo fu facile anche giungere a definire puntualmente, insieme al cliente e grazie ad un modello di valutazione finanziaria excel, tutti gli elementi utili per la parte numerica ispirata alla teoria del valore:

a) il valore dell’investimento

b) i conti economici annuali

c) gli unleverd cash flows annuali

d) il WACC cioè il tasso con cui attualizzare i flussi di cassa operativi.

Il cliente, terminato l’inserimento dei dati, mi anticipò : “quindi una volta calcolati e attualizzati questi flussi, cosa mi dice se devo andare avanti?”.

“Semplice” risposi “è un gioco da ragazzi: se il valore attuale netto (ovvero il net present value, acronimo NPV in lingua anglosassone) di questi flussi è positivo allora conviene, altrimenti non conviene! Inoltre avrà la disponibilità di un altro indicatore che è il tasso interno di rendimento (ovvero internal rate return, acronimo IRR in lingua anglosassone) che è espresso in termini percentuali. Se IRR > WACC conviene, se invece IRR < WACC non conviene.

“Impazzisco dalla curiosità di sapere, sbrighiamoci” concluse.

 

STRUMENTI DI LAVORO E PROFESSIONE

In questa seconda parte del racconto, emergono invece due elementi.

Il primo, è la capacità del Finanzialista di disporre di strumenti di lavoro propri, cioè di modelli atti a rappresentare la realtà immaginata dal cliente. Un po’ come il medico che osserva una lastra, tuttavia, il valore non è nello strumento, ma nella sua competenza.

Il secondo elemento è la capacità di guidare l’imprenditore, spiegando cosa gli strumenti stanno misurando.

 

QUANDO GIRI UN MONITOR…

La prospettiva era completamente cambiata: a lui ora interessava sapere quanto avrebbe guadagnato dall’operazione, tenuto conto del rischio.

La vera questione era: mi conviene investire in questo affare? O forse non mi conviene di più vendere il terreno e comprare delle azioni di una società quotata magari in un altro settore?

Solo successivamente avrebbe ricercato i capitali di debito (Debt a titolo oneroso), cercando di convincere i potenziali finanziatori attraverso un elaborato professionale di valore. Era entrato in una prospettiva che avrebbe definitivamente influenzato il suo modo di fare impresa. Ne capiva oramai la fondamentale importanza.


“E allora?”, era ansioso.

“Ecco qui la risposta!” conclusi, girando il pc verso la sua visuale.

 

Il ROVESCIAMENTO DELLA PROSPETTIVA

In questa terza parte del racconto, ci sono due elementi da evidenziare.

Il primo è il rovesciamento della prospettiva, metaforicamente rappresentato dal girare il monitor.

Il secondo è il fatto che il piccolo imprenditore rimane affascinato dalla materia, perché capisce che si tratta di una cosa per lui fondamentale da comprendere, tale da rovesciare il suo modo di fare impresa.

IL MAGO CAMBIA GLI INGREDIENTI…

“Allora mi conviene, quindi lo faccio!”.

Era certamente soddisfatto, ma il suo volto non era ancora completamente sereno. Aveva intuito, con la sua mente veloce, che quello strumento sarebbe servito prima di tutti a lui, per fare tutte le possibili simulazioni dell’impatto di soluzioni organizzative e operative differenti nella gestione del progetto.

Era già atterrato sul pianeta dell’analisi “What if”: risposte chiare, immediate e corrette, al variare delle ipotesi di base.

“Voglio vedere che cosa succede se le ipotesi operative di base, ad esempio il prezzo di vendita, variano. Mi conviene ancora fare l’investimento?”.

Per quella giornata avevamo già fatto molto: tanti concetti andavano assimilati.

“Butti giù una lista dei probabili scenari alternativi di natura operativa”, conclusi, “ma non dimentichi che anche le variazioni delle ipotesi di natura finanziaria possono portare a risultati diversi”.

Ci saremmo rivisti la settimana successiva per continuare l’analisi, sempre immersi, si capisce, nella piacevole aria condizionata del mio ufficio.

DIVERSI SCENARI DI REALTA’

In questa quarta – e ultima – parte del racconto cogliamo due elementi finali, molto importanti.

In primis, la maggior parte dei consulenti non soltanto non sono minimamente in grado di fare valutazioni finanziarie di investimenti, limitandosi a valutazioni di tipo patrimoniali o reddituali, ma non hanno gli strumenti tecnici per effettuare, in tempo reale, variazioni di scenario.

In secundis, la maggior parte di loro ritiene che queste cose, cioè la creazioni di scenari alternativi, con variazioni sia nella parte operativa sia in quella finanziaria, siano questioni riservate alla grande impresa, alla multinazionale, non certo alla pizzeria sotto casa! Ragionano sempre per alibi, raccontandosi la favola della volpe e dell’uva.

L’uva non è ancora matura, dice nella favola di Fedro – e prima ancora, Esopo – la volpe che non riesce a raggiungere il grappolo.

La mia clientela è troppo piccola, non può capire queste cose, si racconta il commercialista, per non ammettere a sé stesso di non aver la competenza per farle, perdendo così importanti opportunità di guadagno.

Non la pensava così l’autore dell’articolo, il commercialista dottor De Silvio, di Roma, qui a fianco in foto, – oggi, anche Finanzialista – quando circa un anno fa studiava, si applicava e sperimentava questi modelli

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