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Tecniche di analisi finanziaria che il Commercialista dovrebbe conoscere e sfruttare

Il commercialista è il naturale interlocutore dell’imprenditore; punto.

Da anni, da quando avevo previsto che sarebbe stato sotto attacco da parte di forze esogene – come è stato e, vedrete, come sarà in futuro – ho immaginato un percorso di focalizzazione del commercialista sul lato finance.
La ragione fondamentale è duplice:

  • la prima è una esplosione della domanda di consulenza in tale settore, stante il fatto che il linguaggio internazionale finanziario sta entrando prepotentemente anche nel settore delle nostre piccole e micro imprese, del tutto impreparate ad affrontarlo.
  • la seconda è una rarità nell’offerta, stante il fatto che la prevalente impostazione della più parte degli studi professionali è sul lato tradizionale, che possiamo definire legato a logiche contabili e fiscali, più che di finanza.

Questa situazione italiana, unita al bancocentrismo del sistema, da un lato, e al fenomeno del credit crunch, dall’altro, crea un mercato largamente interessante nella consulenza finanziaria d’impresa, con particolare riferimento – non certo esclusivo – ai finanziamenti d’azienda.

Tuttavia, l’approccio tradizionale, quello dell’analisi di bilancio, non è più sufficiente.

Nuove modalità di analisi e consigli pratici

Vediamo di sintetizzarne le molte ragioni.

La prima è il fatto che manca totalmente, in tale logica tradizionale, una riclassificazione di bilancio di matrice strettamente bancaria, cioè quella tradizionalmente praticata dal canale di finanziamento indiretto, che è quello, come si è detto, largamente più diffuso in Italia (e quasi totalitario nel settore della micro impresa, sotto i 10 dipendenti).

Quindi, è di scarsa rilevanza una analisi basata su una riclassificazione ancorata a logiche italiane, se i sistemi di rating bancari seguono esclusivamente logiche di matrice anglosassone, con particolare riferimento, non esclusivo, al cash flow statement.

Questo è il mio primo consiglio professionale sul tema.

La seconda è che, per dare una consulenza efficace, soprattutto su grandi numeri di piccole aziende, quali quelle normalmente seguite da uno studio professionale italiano, non si può operare efficacemente ed economicamente con analisi praticate partendo sistematicamente da zero, con carta e matita, leggendo grandi moli di dati con l’aiuto di una calcolatrice sul tavolo. Questa visione è,  ictu oculi, una visione arcaica di professione. Se si deve dialogare coi sistemi di rating interni bancari, occorre dotare lo studio di strumenti, proprietari, sviluppati in logica taylor made, cioè aperti e flessibili, ma dotati di grande automazione.

Questo è il secondo consiglio professionale.

La terza è che, per sviluppare tali logiche, occorre abbandonare totalmente le precedenti logiche delle analisi di bilancio tradizionale e passare ad una analisi del bilancio “come lo leggono le banche”, perché loro saranno gli interlocutori delle micro e piccole imprese (fino a 50 addetti) che prevalentemente sono i clienti degli studi professionali italiani.

Per farlo, non serve avere batterie di centinaia e centinaia di inutili indici di bilancio, ma conoscere quale sia la batteria degli indicatori finanziari strategici e la batteria degli indicatori subordinati, utili alla valutazione aziendale, in logica sia preventiva sia consuntiva. Tali logiche cognitive, una volta note, devono poi essere sviluppate in modelli di calcolo standardizzati, come argomentato al punto precedente.

Si noti che ho indicato come strategici gli indicatori “finanziari”, prevalentemente di tipo anglosassone, dato che in logica finanziaria “cash is king”.

Questo ragionamento presuppone una capacità di riscrittura del bilancio completamente differente da quello italiano, poiché occorre riscrivere ad esempio uno stato patrimoniale di centinaia di voci in un modello a 4 quadranti o voci, medianti sintesi e crasi di differenti poste, con operazioni atte a rappresentare i ratio strategici.

Il mio terzo consiglio professionale è quello di portare all’interno dello studio professionale tali competenze altamente specialistiche.

Perché fare questa fatica?

La ragione, in sintesi, è di natura professionale.

Sempre più il Commercialista verrà attaccato da forze esterne, atte a screditarne il suo ruolo, indispensabile al modello italiano. Tuttavia, tale ruolo è destinato a un rapido cambiamento, come è successo in molti altri settori di business.

Essere pronti a coglierlo ed anticiparlo consente di cogliere opportunità di business molto interessanti, poiché tutte le aziende necessitano di consigli sulla struttura del bilancio, sia ex ante sia ex post.

Senza dimenticare, incidentalmente, il nuovo mercato creato da cambiamenti normativi quali – inter alia – il tema della crisi d’impresa.

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