Le Ultime dal Blog

Quando al Commercialista chiedono di inventarsi il Business Plan

Molti anni fa ero nello studio di un mio vecchio compagno di Università, Commercialista, che non vedevo da molti anni. Giunse la telefonata del suo cliente, e sentii che dall’altra parte del telefono l’imprenditore parlava, e parlava. Il mio vecchio compagno si limitava a dargli ragione. Quando finì la telefonata, mi ragguagliò sul senso della stessa.

In sostanza l’imprenditore, insieme ad altri soci, avevano deciso di avviare una nuova impresa, l’avevano costituita, si erano recati in banca per chiedere un prestito per l’investimento e si erano sentiti dire – ovviamente – che serviva un business plan. Il mio compagno di studi si era sentito dire: “dottore, mi butta giù due numeri?”, e naturalmente aveva detto di sì.

Per questo, mi stava chiedendo un parere.

Risposi che non era la mia metodologia ordinaria di lavoro e che, se avesse voluto il mio aiuto, era necessario che gli imprenditori venissero nel suo studio e fossero disponibili ad un’intervista, piuttosto strutturata, per capire da loro quali fossero i numeri da mettere nel piano.

Ma quanto durerà la riunione? – mi chiese. Stimai diverse riunioni, di diverse ore di lavoro.
Mi guardò come se fossi un pazzo. Ah, ma non verranno mai in studio per più volte, per alcune ore! E perché? – chiesi. Mi guardò nuovamente come se fossi sceso da Marte. Ma perché lavorano! – esclamò.

Questa volta lo guardai io: “Perché, tu non lavori?” – chiesi.

 

Una questione di ruoli

Che io sappia, il mio vecchio compagno di Università è ancora in studio a far la lotta sui prezzi delle contabilità. La ragione essenziale per la quale, già allora, non voleva affrontare il tema dei ruoli tra consulente e imprenditore era che aveva paura di perdere la contabilità, sulla quale lo studio viveva.

Per questo, era disposto a “buttar giù due numeri”, sostanzialmente inventandoli a tavolino e naturalmente a prezzo simbolico, o quasi. Del resto, “dottore, già la paghiamo per il bilancio, no?”, era il modo di ragionare dei suoi clienti, che lui implicitamente avvalorava. Brontolava, ma non faceva nulla per cambiare il rapporto di forza.

Credo abbia “buttato giù i due numeri”, inventando un qualche genere di prospetto, e non so se sia stato o meno finanziato il progetto: ai miei fini è irrilevante.

Ciò che rileva sono gli errori seguenti:

  1. Di fatto, il business plan per una azienda in start up si fa prima di costituire un’azienda e certamente prima di farselo chiedere da una banca
  2. Di certo, svolgere un lavoro sottopagato – conosco alcuni che lo fanno gratis – non è simbolo di professionalità, né modo di ragionare che mi compete
  3. Di sicuro, un business plan scritto a tavolino da un Commercialista non è gradito a un istituto bancario serio, perché non è questa la procedura corretta nella logica bancaria

La procedura corretta è quella di fare scrivere i numeri dal progetto, con la guida del Commercialista, dal diretto interessato: l’imprenditore.

Con lui, vuole ragionare la banca, e vuole sapere se i numeri che sta finanziando sono ben chiari nella testa del potenziale finanziato.

La replica

Chi ignora la procedura corretta a questo punto dell’articolo comincerà dentro di sé a rimuginare obiezioni del tipo:

  • Ah, ma figurati se i miei clienti si mettono loro a fare i numeri!
  • Ma dove vive questo? Mica tutti sono capaci a farsi un business plan!
  • Se io dicessi al mio cliente di scrivere lui i numeri, perderei il cliente!

E via discorrendo.

Semplicemente, è una questione di procedura e rispetto dei ruoli.

Non conosco nessun imprenditore serio che non sia disposto, avendo a disposizione uno strumento e una guida autorevole, a lavorare al proprio caso di impresa. Chi rifugge a questa logica, perché ritenga di aver cose più importanti da fare che redigere il proprio piano di impresa, non è un imprenditore, ma uno scappato di casa.

Perderlo, è meglio che trovarlo, credetemi. Tertium non datur.

 

Consiglio professionale

Prima di tutto, occorre dotare il proprio cliente imprenditore di uno strumento, predisposto dal dottore Commercialista, sufficientemente semplice da essere usato da un non addetto ai lavori ma sufficientemente rigoroso da produrre il primo elaborato, sul quale noi, in seguito, svilupperemo il piano d’impresa.

Il primo passaggio è dunque quello di conoscere le formule necessarie per far funzionare un elaborato. A titolo di esempio, si veda questa prima immagine.

Naturalmente non serve che l’imprenditore conosca il significato delle formule, ma è indispensabile che il Commercialista sappia come sono calcolati i valori, perché il piano potrà essere oggetto di contraddittorio con altri soggetti (la banca, in primis, ma non solo).

 

Il budget dei ricavi

Il primo punto di partenza, di ogni piano di start up aziendale, non può prescindere dal budget dei ricavi. A titolo di esempio, si veda la seguente figura.

L’imprenditore, lavorando sul modello, vede da solo i risultati delle proprie ipotesi. Si veda, ad esempio, la seguente immagine.

 

Il budget dei costi variabili e dei costi fissi

Il secondo passaggio è quello della costruzione dei costi variabili e fissi. Il Commercialista, lasciando a disposizione dell’imprenditore il modello, otterrà risultati di sintesi come quello della figura seguente.

Analogo risultato verrà ottenuto dall’imprenditore stesso sull’analisi dei propri costi fissi.

Non conosco imprenditore che non si sia appassionato nella discussione dei risultati di questi semplici modelli di partenza del lavoro, interamente prodotti da sé, semplicemente imputando dei dati in maschere percompilate, fornite al cliente dal dottore Commercialista.

 

Il budget del lavoro e degli investimenti

A questo punto, la procedura corretta prevede una stima iniziale dei costi del lavoro e degli investimenti. Si veda, ad esempio, la seguente tavola del lavoro.

L’imprenditore osserverà certamente con interesse i risultati delle proprie stime iniziali del piano di start up.

Dal lato degli investimenti, il modello fornito dal dottore Commercialista darà all’imprenditore (e al Commercialista, nel corso delle riunioni), informazioni di base come la seguente.

 

La costruzione del MOL

Il modello fornito all’imprenditore per l’elaborazione (condivisa) del piano iniziale deve contenere algoritmi in grado di stimare, con sufficiente approssimazione, valori come ad esempio i costi per servizi (si veda immagine seguente).

Come avrà intuito il lettore, dalla semplice imputazione dei dati di input, l’imprenditore si trova a costruire, in piena atonomia (seppure con il controllo e supporto indispensabile del dottore Commercialista) un conto economico previsionale, pluriennale, atto a stimare il MOL (si veda esempio seguente).

Il risultato, costruito dal modello fornito dal dottore Commercialista, consente a questo punto di discutere delle partite patrimoniali e finanziarie che, ovviamente, sono materia di business planning più evoluto e solitamente al di fuori delle competenze tecniche del cliente imprenditore. Tuttavia, giova ribadire che il risultato fin qui descritto è stato costruito interamente dal cliente, e costituisce un livello di competenza espositiva imprenditoriale ampiamente superiore a quella ordinariamente rinvenuta sul mercato (anche a livello di negoziazione bancaria iniziale).

 

Conclusioni e raccomandazioni finali

In questo articolo ho trattato della fase di apertura iniziale del business plan. L’errore più comune, compiuto dal dottore Commercialista in buona fede, è quello di “venire incontro” al cliente, sostituendosi di fatto al suo ruolo. Vediamo quali sono le osservazioni e raccomandazioni professionali.

  1. Sta di fatto che tale approccio sia errato, in quanto si presta solitamente alle critiche del sistema bancario. Un documento redatto dal professionista non sarà mai difeso in modo competente dall’imprenditore. Al contrario, il documento descritto nel presente articolo, pur non costituendo il business plan nella versione finale, contiene tutti gli elementi essenziali alla determinazione dell’EBITDA, parametro ritenuto di primaria importanza dal sistema finanziario e bancario in genere. Trovare un imprenditore in grado di argomentare dettagliatamente di tale indicatore, perché egli stesso avrà costruito il dato, costituisce già di per sé un ottimo punto di partenza nella negoziazione.
  2. Non è affatto detto che tale negoziazione sia necessaria. Può essere che l’impresa non abbia bisogno di risorse esterne, come può essere che tale risultato dia un esito talmente esiguo o incerto da portare al consiglio di non procedere con il progetto. E’ mia ferma opinione che il dottore Commercialista, a differenza del mero mediatore del credito, abbia un ruolo di consulenza pura, del tutto avulsa dalla logica negoziale del prenditore di fondi. Spesso, in altri termini, il consiglio potrebbe essere quello di non procedere con il progetto, o di procedere solo a fronte di una sostanziale rimodulazione. In tale senso, anticipa una analisi critica di tipo “what if”, eventualmente molto gradita alla futura banca.
  3. Il piano può così essere costruito, almeno fino all’EBITDA, interamente dall’imprenditore, a prescindere dal suo livello di scolarizzazione e padronanza delle materie economiche. Questi valori sono tutt’altro che “due numeri buttati giù”; al contrario, sono i dati essenziali dei value driver del piano di impresa. Probabilmente, l’imprenditore li rivedrà più volte con il Commercialista, prima di considerare i dati attendibili e ragionevoli. Questo aumenta l’attendibilità del dato in ingresso, fondamentale per il giudizio del piano, soprattutto in casi di start up.
  4. A questo punto, e solo a questo punto, il dottore Commercialista prenderà questo set di informazioni strutturate e avvalorate dalle riunioni preliminari con l’imprenditore, per proseguire autonomamente, a tavolino, con la redazione dei conti economici, degli stati patrimoniali e dei flussi di cassa. Certamente, questa seconda parte del lavoro è altamente tecnica ed è la parte qualificante del progetto. Tuttavia, la grande differenza è quella di costruirla non inventandola di sana pianta, ma sulla base di dati ragionati e prodotti, su format condiviso, dall’imprenditore. Esula dagli scopi del presente articolo presentare le logiche di costruzione di tali diversi e più evoluti elaborati.

Queste quattro conclusioni mi portano ad una raccomandazione finale.

La costruzione di un business plan per una impresa di start up, di cui ho trattato in questo articolo, non è certamente un lavoro di secondo piano, da affrontare in modo destrutturato, privi di metodologie e strumenti. Non è certamente corretta la strada di non fare pagare il cliente, solo per il fatto di non esserne dotati.

Al contrario, la via più corretta è quella di specializzarsi in questa disciplina e poi di dare valore al proprio parere professionale.

La conclusione logica di tale ragionamento è che, trattandosi di un parere altamente specialistico e niente affatto secondario (sono in gioco spesso il futuro delle famiglie, le garanzie, posti di lavoro, risorse e capitali), allora tale consulenza professionale debba essere certamente retribuita, in modo distinto e separato dalla ordinaria consulenza generale d’impresa già contrattualizzata.

In termini strategici – si pensi ad esempio alla Five Forces Matrix di Michael Porter – è certamente più facile trovare un prodotto sostitutivo o un competitor nuovo entrante nella contabilità generica aziendale che nella costruzione di pareri consulenziali ad alto valore aggiunto, come sperimentano spesso i miei allievi del corso MasterBANK.

Per tale logica di strategia aziendale (entry barrier), senza rinunciare ai primi, consiglio certamente di investire in tale elemento differenziante, atto ad aumentare il valore, lo standing e la reputation dello studio del dottore Commercialista.

 

Ti è piaciuto? Condividi l'articolo!

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare. Inoltre, questo sito installa Google Analytics nella versione 4 (GA4) con trasmissione di dati anonimi tramite proxy. Prestando il consenso, l'invio dei dati sarà effettuato in maniera anonima, tutelando così la tua privacy.