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Perché il Commercialista risponde a bisogni superiori

Appare sempre più chiaro a me, anche per le telefonate che quotidianamente ricevo, che la professione del dottore Commercialista comincia ad essere, per molti, un po’ stretta. Poco fa ero al telefono con un Commercialista campano, che mi raccontava le disavventure della professione. L’altra sera ero a cena a Roma, con una quindicina di Commercialisti, ex corsisti di MasterBANK, i quali mi raccontavano analoghe disavventure di loro colleghi.

La domanda che pongo è questa: ma volete restare tutta la vita a lamentarvi di quanto lo Stato sia brutto e cattivo, a piangere sul Governo (rigorosamente sempre “ladro”), a lamentarvi dell’ordine professionale, oppure pensate di prendere in mano la vostra vita professionale?

Gli amici di Roma lo hanno fatto.

La ragione per la quale ho mangiato con loro, l’altra sera, una speciale “cacio e pepe”, non era solo perché l’indomani sarei stato in seduta di Laurea nella città eterna (peraltro con uno di loro come Cultore della mia materia).

Il vero motivo per cui ci si frequenta ancora, dopo anni che hanno seguito il mio corso, è che si fanno affari insieme.

I contenuti metodologici del nostro modello

Per fare affari insieme, come spiegavo al Commercialista campano oggi pomeriggio al telefono, io credo si debbano avere prima le stesse metodologie operative. Per esempio, questo mese io spiego in aula quali sono gli elementi qualitativi dei progetti, cioè, più semplicemente, come si scrivono.

Due degli elementi classici di morte dei progetti sono ben noti nella letteratura scientifica e nella prassi dottrinale. Allora, perché, dall’altro lato della barricata, come esaminatore di progetti, non ne vedevo mai una analisi puntale?

La ragione è che molti si improvvisano nella stesura dei documenti, e non conoscono le basi della materia. Conseguentemente, i loro progetti sono deboli proprio nelle due parti che, notoriamente, devono essere sviluppate e illustrate meglio (si veda figura 1).

Figura 1 – Le due principali ragioni di morte dei progetti

Un altro problema operativo riguarda il fatto che molti imprenditori si avventurano, nel presentare un piano marketing, in affermazioni prive di contenuto tecnico. Purtroppo, talvolta si fanno aiutare da tecnici, cioè da sedicenti specialisti, che in realtà non hanno nemmeno le basi del mestiere. Dato che agli inizi della mia carriera, prima di scegliere definitivamente l’area finanza aziendale (e poi strategia), operai proprio nel marketing, conosco bene la regola di base. Se conoscete tale regola, saprete distinguere tra i veri esperti di marketing e i millantatori di conoscenze (si veda fig. 2).

Figura 2 – Elemento essenziale di un piano di marketing

Il problema è che, supponendo di disporre di tali dati e informazioni, raccolte a vario titolo e con varie modalità che illustro nei miei corsi, occorre poi saperle rappresentare in un documento di sintesi. A tal fine, il documento viene strutturato in tre elementi di base, o paragrafi del capitolo.

Si veda, ad esempio, la figura 3.

Figura 3 – Le 3 parti tecniche del piano di marketing

Uno degli errori che vengono compiuti, tuttavia, dalla maggior parte degli estensori di documenti qualitativi, è l’ignoranza sulle differenze delle fasi della vita aziendale. Non è affatto indifferente scrivere un piano per una start up oppure per una azienda in maturità. Si devono conoscere quali sono le fasi del ciclo, quali siano le differenze, quali siano i driver che vanno illustrati nel piano descrittivo aziendale (si veda figura 4)

Figura 4 – Le fasi della vita dell’impresa

Da ultimo, si consideri che quanto descritto in questo articolo appare, ai più, come un insieme di nozioni teoriche, avulse dalla realtà, da un lato, e di aspetti tecnici e procedurali, dall’altro. Nulla di più falso ed erroneo.

Il lavoro che vi apprestate ad apprendere – sì, con umiltà, occorre riconoscere che bisogna imparare le cose che non si sanno – è affascinante. Saper scrivere un progetto non è affatto un fatto tecnico. In realtà stiamo parlando di aiutare l’imprenditore a scrivere su carta i propri desideri, i propri sogni, mettendo un mattone sull’altro, fino a comporre un puzzle comprensibile e convincente, per sé e per gli altri (si veda figura 5).

Figura 5 – I bisogni superiori

 

Consiglio professionale

Il mio consiglio professionale è di prendere atto che non ci si improvvisa nella stesura di progetti aziendali. Se, come ho scritto in altri articoli, il business plan, o piano di impresa, deve essere prodotto dall’imprenditore, è altrettanto vero che occorre un metodo, rigoroso e corretto, per guidarli.

Credetemi su due postulati:

  1. Nessun imprenditore, se ben guidato, si rifiuta di collaborare a scrivere un progetto fondamentale per la propria vita; anzi scoprirete quanto si appassionerà
  2. Si tratta di un lavoro appassionante anche per voi, perché verrete visti dall’imprenditore come soggetti non più portatori di “brutte notizie”, ma di soluzioni aziendali.

Potrei aggiungere tante altre considerazioni, ma preferisco lasciarvi dicendovi che nei miei corsi continuano a venire, come testimoni e docenti, tanti dottori Commercialisti che hanno frequentato due, o tre o cinque anni fa o più. Se lo fanno, è perché hanno trovato, in questo percorso, qualcosa che, al di là del guadagno monetario e del prestigio ottenuto, li fa stare bene, e consente loro di erogare servizi che vengono visti, dai nostri clienti, come utili al raggiungimento di quelli che sono i bisogni superiori dell’uomo.

Vieni a conoscere gli strumenti professionali a disposizione dei Commercialisti Specialisti in Finanziamenti d’Impresa, e prenota una lezione di prova: www.masterbank.it

 

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