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Perchè il Commercialista non può fare il business plan

Quando ero ragazzino, alle elementari, il maestro ci raccontò una storiella.

Disse che un pompiere era entrato in un cinema, dove un signore stava fumando. Il pompiere disse: “Signore, non si può fumare!”.

Al che il Signore, serafico, aspirò ed espirò una copiosa boccata di fumo e rispose: “Ma no; come vede si può.”

Il pompiere disse allore: “No, Signore, non si può più!”

E il Signore, aspirando ed espirando una copiosa boccata di fumo, commentò: “Eppure io riesco.”

La storia prosegue con il pompiere che va su tutte le furie, minacciando di chiamare i carabinieri, fino a che, serafico, il Signore, un Maestro di lettere, spegne la sigaretta dicendo: “Caro mio, Lei avrebbe dovuto dire che non si deve, non che non si può: sono due verbi di significato diverso.”

Certo che il Commercialista può fare il business plan, ma non deve.

I contenuti metodologici del nostro modello

O meglio, intendiamoci, e vediamo 5 argomenti preliminari a questo tema, che viene trattato diffusamente nella mia aula MasterBANK © per dottori Commercialisti in ottobre.

Il primo punto è che bisogna saper rispondere alla domanda: dottore, mi fa il business plan?
(si veda figura 1).

Figura 1 – Dottore, mi fa il business plan?

Ci sono una decina di ragioni per le quali rispondere di no. Esse sono spiegate nella mia aula, ma in sintesi, come bene potete intuire, è l’imprenditore che deve scriverlo, con il vostro supporto, perché è lui che rischia, e non voi.

La differenza dei due approcci è epocale.

Oggi, siamo in un sistema bancario e di impresa per il quale il primo approccio è, praticamente, fuori legge.

Un po’ come fumare al cinema.

Una seconda questione, chiarito che il documento va prodotto a quattro mani, e non dal Commercialista a tavolino, è porre una domanda strategica all’imprenditore.

Badate: non sto facendo teoria.

Tra mezz’ora, io vado in consulenza con quattro Commercialisti, ex corsisti di MasterBANK ©, per condurre una consulenza dove porrò sul tavolo la prima domanda strategica. Questo è il vero scopo di MasterBANK: andare insieme a fare fatture sul mercato, in logica strategica di rete.

E’ antipatica, la prima domanda, ma occorre partire da qui (si veda fig. 2).

Figura 2 – Una brutta domanda di strategia

Il problema è che bisogna poi guidare l’imprenditore nel ragionamento della struttura patrimoniale della propria impresa.

Se l’imprenditore non comprende, per esempio, il problema del mismatching tra le fonti finanziarie, rischierà sempre di pensare di “andare in banca a prendere il denaro”.

Quale denaro? Di che tipo, e per fare che cosa?

Buona parte del vostro lavoro sarà spiegare questioni come quella posta nella la figura sottostante.

Si veda, ad esempio, la figura 3.

Figura 3 – Il mismatching fonti e impieghi

A questo punto, serve dare all’imprenditore nozioni di base, poiché le scelte dovranno essere ponderate, insieme. Voi dovrete essere in grado di guidarlo su scelte niente affatto indifferenti. Una questione sarà quella di saper distinguere fonti diverse, e con diverse funzioni, di capitale.

Il denaro non è indifferente: (si veda figura 4)

Figura 4 – La scelta delle fonti di capitale

Il problema è, a questo punto, occorre spiegare all’imprenditore che esistono due fondamentali ragioni per la raccolta finanziaria, e non una sola.

Molti business plan sono errati concettualmente, perché il consulente è privo delle competenze di base per scriverlo, guidando l’imprenditore.

Dall’altro lato della barricata, ho visto troppi piani di impresa in cui si pensava di coprire l’investimento con il leasing, il mutuo, i minibond o la finanza agevolata, o qualsiasi altra forma finanziaria più o meno innovativa.

In ogni caso, il nostro sistema di rating dava risposta negativa, e gli analisti fornivano parere tecnico negativo.

Infatti, mancava completamente una analisi del capitale circolante.

Errore grave, che può portare alla bocciatura di una operazione per sottostima del capitale necessario, e palese incompetenza gestionale dell’affidando imprenditore (e giudizio negativo sul consulente).
(si veda figura 5).

Figura 5 – Regola generale per la scelta delle fonti

Tutto quanto sopra descritto consente al Commercialista una attività di consulenza non di tipo formale, ma sostanziale. Il vero consulente non scrive il business plan, ma guida davvero l’imprenditore nelle scelte.

 

Consiglio professionale

Abbiamo visto, in questo articolo, come sia possibile per il Commercialista essere davvero un consulente per l’azienda. Il mio consiglio professionale è questo: non andate sulle chat a chiedere: “colleghi, qualcuno ha un modellino di business plan? (sottotitolo: a gratis)”.

La ragione è che fareste una ben modesta figura coi colleghi, ma soprattutto rischiereste di avventurarvi un una consulenza che richiede competenze specialistiche.

Siate onesti con voi stessi: per diventare esperti della materia societaria, contabile, fiscale, probabilmente avete impiegato anni, forse dei lustri.

Non ci si improvvisa esperti in un week end di studio di un modello reperito dalla rete. Un tale approccio rischia di trasformarsi in un boomerang qualora l’imprenditore – succederà, statene certi – si accorgerà della vostra improvvisazione.

Ci sono solo due possibili strade: avere l’umiltà di affidarvi a un collega specialista (abbiamo decine di Commercialisti, oggi Finanzialisti ©, abilitati in rete) oppure diventare voi stessi esperti in prima persona. Sinceramente, vi consiglio la seconda: iscrivetevi alla prima lezione disponibile del corso annuale MasterBANK, entrando in rete con noi. Per carità, fate tutte le analisi what if che volete, e prendete la decisione ponderando testimonianze ed esperienze documentate, ma non siate superficiali nell’analisi.

Certo che il Commercialista può fare un piano industriale, ma deve sapere professionalmente come si fa.

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