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Il Business Plan che piace alla Banca (e che il Commercialista deve saper fare)

Nel processo di valutazione del merito creditizio, il Business Plan rappresenta per la banca uno strumento fondamentale. Non si tratta semplicemente di un documento accessorio, ma di un elemento centrale nella fase di istruttoria: è il primo livello di analisi qualitativa e quantitativa del progetto imprenditoriale per cui si richiede finanziamento. Un Business Plan ben costruito consente all’istituto di credito di valutare la coerenza tra modello di business, dinamiche di mercato, strategia operativa e sostenibilità economico-finanziaria dell’iniziativa. In particolare, è il documento su cui si fondano le prime valutazioni di fattibilità del piano, di equilibrio prospettico dei flussi di cassa e di capacità di rimborso del debito. La banca non cerca promesse, cerca segnali di affidabilità. Vuole vedere numeri ancorati alla realtà, ipotesi fondate su dati e logiche di gestione che mostrino consapevolezza del rischio. La qualità del Business Plan incide quindi direttamente sulla percezione del rischio creditizio e può fare la differenza tra l’approvazione o il rigetto della richiesta.

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Il ruolo del Commercialista in questa fase è decisivo. Non solo per la redazione del documento, ma per la sua impostazione concettuale. Dobbiamo aiutare l’impresa a “tradurre” il proprio progetto in un linguaggio comprensibile e valutabile dal sistema bancario. Questo significa lavorare sulla struttura, sulla trasparenza dei dati, sulla solidità delle previsioni e sulla capacità di restituire un quadro credibile e coerente. L’obiettivo di questo contributo è fornire un quadro operativo su come costruire un Business Plan orientato alla valutazione bancaria, evidenziando gli elementi fondamentali, gli errori più ricorrenti e alcune buone prassi utili a rafforzare la posizione negoziale dell’impresa.

 

Cosa deve contenere un Business Plan gradito alla banca

La redazione di un Business Plan finalizzato all’ottenimento di un finanziamento bancario richiede un’impostazione precisa, fondata su logiche analitiche e contenuti coerenti con le modalità di valutazione del rischio creditizio. La banca, a differenza di altri interlocutori come investitori o soci, è meno interessata al potenziale di crescita astratto dell’impresa e più attenta alla capacità dell’azienda di generare nel tempo flussi di cassa affidabili, ripetitivi e sufficienti a garantire il rimborso del prestito. Ne consegue che il documento non può limitarsi a un racconto entusiasta dell’idea imprenditoriale, ma deve rappresentare una sintesi strutturata, solida e fondata su evidenze verificabili.

Il primo elemento che il Business Plan deve sviluppare in maniera compiuta è la descrizione dell’impresa e del progetto per cui si richiede il finanziamento. Qui è necessario contestualizzare l’attività aziendale, illustrando chi sono i promotori, da dove viene l’impresa, qual è la sua storia economica e gestionale, quali sono le competenze del management e qual è la motivazione che giustifica l’operazione prospettata. L’identità dell’impresa non va mai data per scontata: occorre chiarire con precisione cosa produce, per chi, in che modo, e qual è il vantaggio competitivo che giustifica la permanenza o l’ingresso nel mercato. Una descrizione sintetica ma ben argomentata contribuisce a rendere credibile tutto il resto del piano.

Segue l’analisi di mercato, che rappresenta l’architrave su cui si regge la valutazione del progetto. La banca si attende un’analisi concreta, fondata su dati quantitativi aggiornati, tendenze verificabili e fonti attendibili. È fondamentale dimostrare di conoscere il settore in cui si opera, di aver compreso le dinamiche della domanda e dell’offerta, i livelli di concorrenza, le barriere all’entrata, la stagionalità, eventuali vincoli normativi o tecnologici, e i principali fattori di rischio esterni. L’analisi di mercato serve a contestualizzare l’idea imprenditoriale all’interno di un ecosistema economico e a rendere comprensibile la logica delle scelte operative e finanziarie che seguiranno.

La parte operativa del piano deve poi illustrare in dettaglio come l’azienda intende realizzare i propri obiettivi. Non basta dire “venderemo online” o “punteremo sull’export”: occorre spiegare con precisione quali saranno le modalità produttive, le risorse impiegate, i canali distributivi, le strategie commerciali e gli strumenti di promozione adottati. La banca vuole vedere che c’è una regia dietro le azioni previste, che ogni leva operativa è stata pensata in coerenza con le risorse a disposizione e con le caratteristiche del mercato. Questo vale anche per la struttura dei costi, che va descritta con attenzione: il piano deve dimostrare che l’azienda ha consapevolezza dei propri costi fissi e variabili e che sa come questi impatteranno sull’equilibrio economico e finanziario del progetto.

Il cuore numerico del Business Plan è rappresentato dal piano economico-finanziario, che deve fornire proiezioni articolate su almeno tre anni, con il primo anno suddiviso per mesi. È importante che le previsioni siano complete (conto economico, stato patrimoniale e rendiconto finanziario), ma soprattutto coerenti tra loro. La banca presta particolare attenzione al margine operativo lordo (EBITDA), come indicatore della capacità dell’impresa di generare risorse interne prima degli oneri finanziari. Altrettanto importante è il punto di pareggio (break-even point), che serve a valutare il rischio di copertura dei costi fissi in fase di avviamento. Centrale è infine il cash flow, cioè la capacità di generare liquidità: un progetto può essere anche teoricamente redditizio, ma se non genera cassa, difficilmente otterrà credito. In questa sezione è inoltre fondamentale inserire un piano di ammortamento del finanziamento richiesto, indicando tempi, importi e modalità di rimborso, eventualmente anche con l’indicazione di garanzie reali o personali offerte.

Infine, l’analisi dei rischi rappresenta un elemento di maturità progettuale che la banca apprezza molto. Si tratta di identificare in modo sistematico i principali fattori critici del progetto: cosa succede se i ricavi crescono più lentamente del previsto? Se un fornitore strategico interrompe la collaborazione? Se i costi energetici aumentano? L’obiettivo non è prevedere l’imprevisto, ma dimostrare che si è consapevoli delle variabili in gioco e che si è pronti a gestirle. A ogni rischio dovrebbe corrispondere una misura di prevenzione o una strategia di risposta, come polizze assicurative, accordi alternativi, piani di emergenza.

Un Business Plan ben costruito dal punto di vista bancario è quindi un documento integrato, in cui ogni parte supporta e rafforza l’altra. Non deve essere né troppo sintetico né eccessivamente tecnico: deve dimostrare metodo, concretezza e consapevolezza. Per questo il ruolo del Commercialista è centrale, sia nella fase di impostazione strategica del documento, sia nella sua validazione finale. Presentare un piano ben fatto significa spesso fare la differenza tra una pratica approvata e una respinta.

 

Gli errori più comuni che portano al rifiuto della pratica

Quando una banca valuta un Business Plan, l’attenzione è tanto rivolta ai contenuti quanto alla coerenza generale del documento. Un piano ben scritto ma incoerente nei numeri, o vago nelle strategie, produce diffidenza. Un piano invece anche semplice, ma chiaro, credibile e ben argomentato, è più facilmente considerato finanziabile. È per questo che molti piani vengono respinti non tanto per la qualità dell’idea imprenditoriale in sé, quanto per la debolezza con cui essa viene rappresentata. Vediamo allora quali sono gli errori che, nella pratica quotidiana, risultano più determinanti nel generare un giudizio negativo.

Uno degli errori più frequenti è l’utilizzo di dati inventati o eccessivamente ottimistici. Ad esempio, è comune leggere frasi come: “Nel primo anno stimiamo un fatturato di 2 milioni di euro”, senza alcun riferimento a clienti acquisiti, ordini pre-contrattualizzati o benchmark di settore. Una banca, di fronte a simili affermazioni, si trova spiazzata: non può validare numeri basati solo sull’intenzione. Un approccio corretto è invece fondare ogni stima su elementi oggettivi. Ad esempio: “La nostra previsione di fatturato per il primo anno è di 680.000 euro, basata su 120 contratti già sottoscritti con rivenditori del Nord Italia e su una media storica di acquisto annuo pari a 5.600 euro a cliente.”

Un secondo errore è la mancanza di un piano marketing strutturato. Molti imprenditori danno per scontato che “se il prodotto è buono, si vende da solo”. Questa convinzione non è compatibile con una logica finanziaria. Il Business Plan deve spiegare come si arriva ai clienti, attraverso quali canali, con quali investimenti e in che tempi. Dire “intendiamo promuoverci online” è troppo generico. Al contrario, una descrizione efficace potrebbe essere: “Abbiamo previsto un budget marketing di 28.000 euro nel primo anno, suddiviso tra campagne Google Ads (40%), collaborazione con content creator verticali (30%) e newsletter automation (30%), con un obiettivo di acquisizione di 4.000 lead e un tasso di conversione stimato al 3%.”

Un altro elemento spesso trascurato riguarda il flusso di cassa. Si tende a concentrarsi sul fatturato e sulla marginalità, tralasciando la dinamica della liquidità. Questo è un errore critico: anche un’azienda redditizia può fallire se non ha cassa sufficiente per affrontare i cicli di incasso e pagamento. Un Business Plan senza proiezioni di cash flow è, agli occhi della banca, un documento incompleto. È indispensabile dimostrare che la gestione sarà in grado di sostenere le uscite previste (fornitori, dipendenti, rate di mutuo) nei tempi necessari. Un esempio concreto: “Prevediamo uno scostamento temporale medio tra incassi e pagamenti di 40 giorni. Il fabbisogno di cassa massimo si colloca nel secondo trimestre, con un picco di 38.000 euro, che sarà coperto dal finanziamento richiesto.”

Altra criticità è l’uso di frasi vaghe e slogan privi di contenuto operativo. Espressioni come “puntiamo a diventare un punto di riferimento nel settore” o “vogliamo innovare il mercato” non spiegano nulla su come si intende farlo. Una formulazione efficace invece parte da un obiettivo misurabile e lo collega a un’azione. Ad esempio: “Entro 24 mesi miriamo a ottenere una quota del 3% nel mercato regionale delle bici elettriche urbane, attraverso un’espansione mirata del punto vendita fisico e una partnership commerciale con il principale operatore di sharing mobility.”

Infine, un errore molto diffuso è la mancata indicazione del piano di rimborso del finanziamento. La banca non finanzia solo perché il progetto è valido, ma perché ha la ragionevole certezza di rientrare del capitale erogato. E questa certezza nasce solo se il Business Plan esplicita con chiarezza come, quando e attraverso quali flussi sarà possibile rimborsare le rate. Un piano corretto indica tempi, importi, coperture e garanzie. Un esempio: “Il finanziamento richiesto di 120.000 euro sarà rimborsato in 5 anni con rate trimestrali da 6.800 euro, sostenute interamente dal cash flow operativo positivo previsto a partire dal secondo semestre. A garanzia si offre pegno su magazzino rotativo e fideiussione personale dei soci per un valore complessivo pari al 130% del capitale erogato.”

In sintesi, un Business Plan non viene bocciato per un singolo errore, ma per un insieme di segnali che trasmettono incertezza, superficialità o inconsapevolezza. L’obiettivo del Commercialista è proprio quello di aiutare l’imprenditore a trasformare un’idea in un progetto bancabile, partendo da una rappresentazione solida, chiara e sostenibile. Se questa condizione viene rispettata, le probabilità di ottenere credito aumentano in modo significativo.

 

Consigli operativi per il Commercialista

Nel processo di costruzione di un Business Plan orientato alla banca, il Commercialista ha un ruolo chiave che va ben oltre la mera redazione di tabelle economico-finanziarie. È chiamato a fungere da ponte tra il linguaggio dell’imprenditore e quello della banca, spesso molto diversi tra loro. Il primo parla per visioni, obiettivi e progetti; la seconda ragiona in termini di rischio, garanzie e sostenibilità dei flussi. Il compito del professionista è quindi duplice: da un lato aiutare l’impresa a strutturare in modo credibile la propria idea, dall’altro tradurre questa idea in un linguaggio coerente con le aspettative dell’interlocutore bancario.

Un primo consiglio operativo è personalizzare ogni piano. Evitare modelli standardizzati o file preconfezionati, spesso scaricati dal web, che non tengono conto delle specificità del progetto, né della banca cui si rivolge la richiesta. Ogni istituto ha criteri di valutazione propri, diversi livelli di tolleranza al rischio, politiche settoriali differenti. In questo contesto, presentare un Business Plan pensato su misura, coerente con il tipo di finanziamento richiesto e con l’approccio del singolo istituto, aumenta le probabilità di accoglimento.

Un secondo aspetto fondamentale è la verifica e la sostenibilità di ogni singolo dato riportato. Le affermazioni devono essere accompagnate da fonti attendibili, anche se si tratta di stime. Scrivere “il settore è in crescita” non è sufficiente: occorre specificare “il settore del food delivery ha registrato un +18% nel 2023 (fonte: Netcomm)”. Allo stesso modo, se si riportano costi, bisogna dimostrare come sono stati calcolati: su dati storici, su preventivi, su listini, o attraverso benchmark di settore. Questo approccio documentato e trasparente è molto apprezzato dagli analisti bancari, che spesso si trovano a dover validare piani troppo approssimativi o arbitrari.

La chiarezza espositiva è un altro elemento decisivo. Un Business Plan non è un esercizio accademico né una brochure commerciale: deve essere scritto con sobrietà, linearità e precisione. Il linguaggio deve essere comprensibile anche a chi non conosce nel dettaglio il settore dell’impresa. Frasi brevi, struttura logica, uso limitato di tecnicismi e una narrazione orientata all’essenziale aiutano a mantenere alta l’attenzione e a trasmettere autorevolezza. Un buon esercizio è rileggerlo ponendosi la domanda: “Se io fossi il direttore di filiale, capendo solo ciò che leggo in queste pagine, approverei il finanziamento?”

Infine, un consiglio strategico: simulare internamente una valutazione bancaria prima di presentare ufficialmente la pratica. Questo significa chiedersi quali sono i punti deboli del progetto, cosa potrebbe generare incertezza, dove servono approfondimenti. Può essere utile utilizzare gli stessi criteri adottati dai sistemi di rating interni delle banche, come il Debt Service Coverage Ratio (DSCR), l’EBITDA margin, la leva finanziaria, o l’andamento del capitale circolante. Se questi indicatori sono sbilanciati o non coerenti con la richiesta, è meglio intervenire prima, non dopo.

Il Business Plan che piace alla banca, quindi, è il risultato di un lavoro di squadra tra imprenditore e consulente. È un documento tecnico, ma anche strategico. Deve rispondere a una logica di fattibilità, ma anche generare fiducia. In questo processo, il Commercialista diventa non solo un redattore, ma un vero advisor del progetto imprenditoriale, capace di orientare le scelte e di trasformare una visione in una proposta finanziabile.

 

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Conclusione

Presentare un Business Plan efficace in banca non è questione di forma, ma di sostanza. Non basta compilarlo correttamente: serve costruirlo con metodo, coerenza e consapevolezza degli obiettivi. L’impresa deve dimostrare non solo di avere un’idea valida, ma di sapere come trasformarla in risultati economici sostenibili. La banca, dal canto suo, valuterà la capacità dell’azienda di generare flussi sufficienti per rimborsare il finanziamento, di presidiare i rischi, di mantenere equilibrio finanziario nel tempo.

Il Commercialista ha un ruolo tecnico e strategico in questo passaggio. È colui che assicura la tenuta logica del piano, la congruità dei numeri, la chiarezza dell’esposizione. Ma soprattutto, è il professionista che affianca l’imprenditore nel dare concretezza alla proposta e nel renderla comprensibile e valutabile per chi deve concedere il credito. In un contesto sempre più attento alla qualità dell’informazione economico-finanziaria, il Business Plan non è più un documento accessorio: è uno strumento decisivo per costruire fiducia, ottenere credito e sostenere lo sviluppo aziendale in modo consapevole.

 

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