Le Ultime dal Blog

La Differenza tra Contabilità e Consulenza

La Differenza tra Contabilità e Consulenza

 

La consulenza e la contabilità non sono lo stesso campo da gioco

Eravamo colleghi di studio all’Università, tanti anni fa.

Prendevamo quel treno locale, che faceva così tante fermate da consentirci di giocare abbondantemente a carte, parlare di donne, ridere e scherzare, talora perfino ripassare gli appunti. Il treno aveva ancora i sedili di legno e noi studenti lo chiamavamo scherzosamente “il treno del west”.

Davvero, ti saresti aspettato, da un momento all’altro, di vedere passare gli indiani a cavallo o una banda di pistoleri assaltare la locomotiva. Una volta, ebbe perfino un inizio d’incendio una carrozza. Ma noi studenti eravamo troppo impegnati, probabilmente, a parlar della matricola del primo anno con il seno prorompente per accorgersi che avevano fatto scendere tutti gli altri, a una delle tante fermate.

Lui era il secchione del Corso, quello che era sempre il primo ad alzar la mano per porre domande ai professori e a recarsi agli orari di ricevimento. Lo chiameremo Andrea (nome di fantasia). Era così sussiegoso nei confronti di un docente, per il quale aveva lavorato mesi producendo ricerche e materiali, che quando il professore aveva fatto uscire il nuovo libro, girava la vulgata tra gli studenti che il sottotitolo del manuale recitasse: “foderato in pelle di culo di Andrea”.

Eravamo tutti convinti, allora, quando avevamo nemmeno vent’anni, che sarebbe stato ricco entro una decina.

Trent’anni dopo, entravo nel suo ufficio.

 

Toglier la ruggine

Entro nel piccolo ufficio, che mi spiega gestire da solo con l’aiuto di una segretaria.

Sai com’è – mi spiega – ho dovuto lasciare a casa le altre; la crisi, capisci? Dopo i convenevoli e i ricordi dei bei tempi andati, veniamo a parlare di lavoro. Mi aveva chiamato perché un suo cliente aveva “bisogno di un business plan.”

Non che io non lo sappia fare – aveva sentito il bisogno di precisare al telefono – ma non è quello che faccio abitualmente e sono un po’ arrugginito.

Così, tanto per togliere la ruggine, chiedo per quale motivo il cliente ne abbia bisogno.

Mi aspetto di sentirmi spiegare qualcosa circa il controllo di gestione o la pianificazione finanziaria, invece la risposta è quella solita.

Ma niente – minimizza – si tratta solo di buttar già due numeri che vuole la banca.

Ah, la banca lo vuole, non lui.

Chissà perché, per qualche strana associazione mentale mi viene in mente che anche il trenino era così vecchio da aver le parti metalliche coperte di ruggine.

 

Pettinare le bambole

Chiedo per quale motivo serva il business plan e mi si spiega che serve perché il suo cliente intende chiudere una precedente attività, vendendola, e investire in un altro settore, a maggior marginalità.

Tralasciando il fatto che si trattava di far finanziare una start up (cosa affatto semplice), sarebbe stato certamente curiosità della banca sapere per quale motivo chi ha esperienza in un settore decida di chiudere e aprire in altro. Quindi, a mio parere sarebbe stato necessario produrre un documento piuttosto strutturato nella parte descrittiva.

Certo – concludevo –  sarebbe stato necessario intervistare il cliente.

Ma intendi dire farlo venire in ufficio una volta?

Più di una – rispondo – quanto sarà necessario, e per molte ore.

Ma non è possibile chieder questo a un cliente – la replica – perché ha da lavorare.

Strana osservazione.

Perché noi cosa siamo a fare; a pettinar le bambole?

Buttar giù due numeri

Non insisto quando mi dice di non preoccuparmi – non so voi, ma se uno mi dice di non preoccuparmi mi preoccupo – che tanto il cliente gli avrebbe inviato qualcosa, per estrarre la parte descrittiva, magari “tirandola giù dal sito”.

Però  – sforzandomi in memoria delle antiche partite a carte di chiudere un occhio – almeno la parte numerica va fatta come dio comanda, insisto.

Mah, dovrei avere qualche software automatico in libreria! – esclama con lo sguardo vago indicando una scaffalatura piena di faldoni, libri, manuali di ogni genere e tipo, la maggior parte dei quali datati e chiaramente ben disposti per far scena, ma probabilmente mai letti, almeno a giudicare dal filo di polvere – non ricordo se del Sole o dell’Ipsoa.

Ma certo – osservo pacatamente mentre rovista come un curioso al mercatino dell’usato negli scaffali – così se poi lui o la banca ci chiedono in riunione come abbiamo calcolato una formula chiediamo all’editore un consulto volante al telefono.

Lo convinco che può serenamente interrompere la sua ricerca, dato che io uso strumenti miei, normalissimi excel, con il vantaggio che il consulente esperto può infilarci le mani in ogni momento.

Al riguardo faccio vedere alcuni strumenti che abitualmente utilizzo per fare i business plan.

Il vantaggio è – gli spiego – che so cosa sto scrivendo e dicendo al cliente. Del resto, un meccanico deve pur infilare le mani nel motore.

E ci sono anche gli indici? – chiede.

Sorrido, dato che sono le cose minimali e di minore importanza, ma dato proprio che le chiede, documento.

Ma la cosa davvero importante – insisto – è poter colloquiare con l’imprenditore dell’assetto organizzativo e di produzione, perché la finanza viene dopo.

Dobbiamo fare un’analisi dei costi, entrando nei dettagli delle poste contabili e solo dopo giungendo ad aggregazioni finali come questa.

Sì, va bene – obietta il mio ex compagno di giochi –  ma quanto tempo ci vuole, per fare questi incontri e  soprattutto cosa gli viene a costare al cliente?

Viene fuori che a suo parere non è necessario fare un lavoro così strutturato, perché il cliente gli ha chiesto solo di “buttar giù due numeri per la banca”.

Il che, mi lascia intendere, significa che io e lui dovremmo inventarli.

 

Passato e futuro

Passiamo a discutere dell’azienda che intende vendere a un potenziale compratore, per la quale mi chiede un consiglio. A suo parere, è sufficiente far vedere al cliente i dati economici e patrimoniali storici, dell’ultimo anno di bilancio.

Non è il caso – mi spiega – di chiedere al cliente una parcella sostanziosa per questo modesto lavoro.

Così però sottostimi il valore della vendita, probabilmente – osservo – giacché il valore dell’azienda non è data da ciò che il tuo cliente ha conseguito nel passato, ma da ciò che quell’azienda può valere nel futuro.

Perché nel futuro? – mi domanda.

Mi rendo conto che ormai parliamo due lingue differenti.

La mia, quella che da quest’anno insegnerò anche nell’Università dove un tempo ci recavamo insieme a studiare, attraversando la campagne pavesi quando la nostra mente si perdeva tra ragazze e partite a carte, è questa.

Il che non significa che, nota la teoria, sia sufficiente, poiché si deve essere in grado (questo è il difficile) di applicarla concretamente nell’attività professionale, il che significa saper scrivere un progetto in excel, perché la consulenza in materia finanziaria si fa sapendo dar risposte numeriche.

Ah, ma io non pensavo a una cosa così strutturata – obietta.

 

Non posso farlo pagare, è un cliente!

Alla fine, viene fuori il nocciolo delle ragioni alla sua resistenza.

Quelle attività di cui stiamo parlando sono consulenza pura. Ma, al mio amico, che non è tecnicamente in grado di farle perché da venticinque anni ha fatto altro (societario, fiscale, contabile), interessa altro. Alla fine io servo solo a mantenergli il cliente.

Intendo dire, per cliente, la contabilità e le dichiarazioni.

Quindi, il mio intervento dovrebbe essere – mi fa capire – a tariffe di amico.

Ma, per curiosità, tu per la tua parte di lavoro quanto intendi farti pagare? – gli chiedo.

Ah, ma non preoccuparti – e dagli! – io non prendo nulla.

Nulla?

Capisci – mi spiega – non posso farlo pagare, è un cliente!

 

Ci sono due tipi di consulenza

Veramente, io non capisco.

O meglio, so benissimo come funziona questa storia, perché la conosco da venticinque anni. Tieni la contabilità, il societario, le dichiarazioni e chiedi al cliente quei seimila od ottomila euro l’anno. Mica potrai perfino farti anche pagare (rischiando di perderlo) per un consiglio spot?

E così, dato che non so fare il lavoro e – soprattutto – non posso chiedergli un euro, tiro in ballo un collega, chiedendogli naturalmente un prezzo di favore.

Stranamente, mi ritorna alla mente l’insegnamento di un mio vecchio mentore, un signore milanese che ha davvero fatto i soldi nella consulenza, con uno studio professionale – diciamo così – che alla fine della sua carriera contava quasi ottocento dipendenti.

Ci sono due tipi di consulenti, Valerio – mi spiegò, un giorno che eravamo in campagna a guardare le capre – quelli che sanno farsi pagare, e quelli che no.

Decisamente, il mio antico compagno di studi era uno di quelli che no.

Fratelli e crediti formativi

Dopo che gli spiego, amichevolmente, che il mio metodo di lavoro e le correlate tariffe non sono esattamente adatte a quel tipo di cliente, passiamo a parlare del più e del meno, prima di salutarci.

Ho saputo che tuo fratello ha un lavoro come dipendente – mi dice a un tratto – come lo invidio!

Rimango piuttosto stranito a quella affermazione.

Mio fratello minore, che lui conosceva perché giocavamo insieme ai giochi da tavola, è oggi un serissimo responsabile amministrativo di un’azienda, mi risulta felice del suo lavoro. Ma, da qui a usare il termine “invidia”, ce ne corre.

Soprattutto per uno che, trent’anni prima, spiegava a tutti che voleva fare il commercialista e tutti noi cow boy sul treno coi sedili in legno eravamo convinti che proprio lui sarebbe stato quello che avrebbe fatto i soldi. Nessuno, nell’immaginario collettivo dell’epoca, avrebbe invidiato un lavoratore dipendente, potendo nella vita fare il libero professionista.

Ti spiego; – ti prego, no, non lo fare! – e attacca la solita solfa del Ministero delle entrate che ti cambia le carte in tavola ad agosto, e i clienti che non pagano mai puntuali, e la concorrenza sleale delle associazioni di categoria.

Ci salutiamo con cordialità, più dovuta alla memoria dei tempi andati che alla condivisione di interessi presenti.

Sono sulla porta e sto per uscire dal suo studio.

“Ah, ho visto su internet che fai anche dei Corsi per commercialisti – spiega, aprendola – ma ci sono anche i crediti formativi? Sai, sarebbe un motivo fondamentale per venire. Anzi, se vuoi ti posso presentare al Presidente dell’Ordine.”

Con garbo, avviandomi per le scale, gli spiego che non è il caso che si dia tanto disturbo per me.

 

Conclusione

Io ho molto rispetto per i commercialisti che vogliono continuare a fare il loro lavoro. Il punto è; che cosa è diventato il loro lavoro? Per i commercialisti che hanno scelto quella strada, è la battaglia sulle contabilità, che diventa una battaglia sui prezzi.

Mi spiace far notare che è la strada che hanno scelto la stragrande maggioranza degli studi professionali. Poi, sono quelli che mi contattano su Facebook e mi scrivono: siamo nello stesso mercato, possiamo collaborare? La risposta è no.

Io collaboro solo coi finanzialisti.

I finanzialisti sono quelli che hanno superato il mio esame, nel nostro Corso, che si chiama Master Bank. Però, mi è chiarissimo perché tantissimi commercialisti scelgono la via del prezzo basso.

Talmente chiaro, che ho idea di quale sia il prezzo più basso; ciò che è gratuito. Ci sono centinaia di commercialisti che leggono sistematicamente il nostro blog, che scaricano le guide gratuite, che leggono centinaia di pagine, che non commentano mai e che si guardano bene dal venire a uno dei nostri corsi.

L’altro giorno, uno di loro mi ha scritto su Facebook, dicendo la solita frase; siamo nello stesso mercato, abbiamo la stessa visione delle cose, perché non collaboriamo?

Per essere più convincente, ha anche aggiunto che si stupiva del fatto che io avessi regalato alle risorse gratuite del blog tanti materiali, che lui legge e scarica da anni.

Ora, rivelo due cose a tutti i commercialisti e consulenti che mi leggono su questo gruppo.

Prima cosa: io regalo le migliaia di pagine delle guide professionali alle risorse gratuite, contro il parere di tutto e di tutti, per una ragione primaria e una secondaria. Quella secondaria è che quelle cose sono per me talmente semplici che, pur essendo professionali, le regalo, riservandomi le cose davvero importanti ai corsi a pagamento. Quella primaria è che regalo quelle cose al fine di consentire alle centinaia di commercialisti e consulenti che pensano di vivere acquisendo informazioni gratuite di poter continuare la loro professione di gestione della contabilità, con la massima qualità e a prezzi bassi.

Seconda cosa: per tutti i consulenti che non hanno preso la scelta di iscriversi a Master Bank per diventare finanzialisti. Non scrivetemi più, per cortesia, che siamo nello stesso mercato, abbiamo la stessa visione delle cose e possiamo collaborare.

Ora vi dico io cosa sia Master Bank e cosa la vostra visione delle cose.

“Non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato, e non è nemmeno lo stesso sport.”

cit. Jules Winnfield, alias Samuel L. Jackson, Pulp Fiction, 1994

Ti è piaciuto? Condividi l'articolo!

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare. Inoltre, questo sito installa Google Analytics nella versione 4 (GA4) con trasmissione di dati anonimi tramite proxy. Prestando il consenso, l'invio dei dati sarà effettuato in maniera anonima, tutelando così la tua privacy.