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Ciò che penso davvero del senso di libera professione e del Commercialista

Ho scritto tanti articoli professionali, con formule, grafici, tabelle, e in alcuni casi dispense originali.

Penso, dato il periodo estivo, di potermi permettere con voi la licenza di scrivere un articolo diverso dagli altri, su ciò che penso davvero del senso di libera professione e professionista. In fondo, non siete obbligati a leggerlo e, se riterrete che siano considerazioni peregrine e inutili, sarete liberi di buttarvi su altri articoli di questo blog più rigorosi e contenenti valutazioni oggettive.

Ci premesso, quanti di voi hanno visto la primavera, quest’anno?
No, ve lo chiedo perché certi anni mi sorprendevo io stesso perché era passata la primavera e io, della stagione, non ne avevo avuto contezza.

Mi ritrovavo, magari, a far le notti in ufficio, perché c’era una scadenza, sempre importante. Era una legge agevolata, un bando, una memoria che il Sindaco non poteva attendere a lungo, una relazione urgente per l’amministratore delegato della società pubblica partecipata dal Ministero, un documento indifferibile da preparare per qualche consiglio di amministrazione, perché si doveva partecipare a una chiamata pubblica.

Insomma, era sempre per qualche buona ragione, ma le scadenze e le cadenze della mia vita erano, sempre, dettate da altri: dal Ministero, da qualche oscuro burocrate, da un politico (e chi vi parla ha fatto vita politica in Parlamento), dalle leggi. Ma non erano leggi di mercato; erano adempimenti.

Un bel giorno, mi sono stancato di lavorare in quel settore, e ho fatto quello che non è facile raccontare, se non lo hai vissuto: ho cambiato strada.

Per la precisione, ho cambiato strada non una ma diverse volte; sempre lasciando la strada vecchia per la nuova e sempre – come vuol l’adagio popolare – sapendo ciò che si lascia e non ciò che si trova.

Però, ora nelle mie scelte mi chiedo, sempre: hai visto la primavera?

E non mi riferisco a vederla dalle finestre di un ufficio, la sera, legato a un computer o sepolto di scartoffie, mentre altri passeggiano in strada, con un gelato in mano, invidiandoli, come se fossero stati estratti a sorte. Non lo sono; sono persone che hanno fatto delle scelte. Niente affatto; mi riferisco a prendermi i miei spazi, per vivere, non per lavorare.

Sia ben chiaro, sono uno che lavora, e sodo.

Non sono uno, però, che si fa dettare le proprie scadenze dagli altri. Se decido di prendermi un mio spazio, stacco computer, cellulare, prendo chi voglio stia con me e mi assento. E sapete una cosa? Il mondo continua a girare, come io non ci fossi. Incredibile dictu visuque, eppur la terra si muove (anche senza di me).

Non so voi, ma a me questa cosa riempie di soddisfazione. Questa libertà, la libertà di dire no, la libertà di fermarsi, di prendersi un proprio spazio, per me è appagante.

Ma, già che ci siamo, è appagante perché sono pagato (e bene) quando faccio consulenza e quando insegno a chi vuol fare consulenza in rete con me. Per questo, per le difficili scelte di libertà che ho fatto, alla lunga sono appagato, anche se inizialmente non avevo certezze e, apparentemente, nell’immediato ci perdevo.

Ma chi ha certezze, nella vita?

Incontro, da anni, tanti commercialisti – molti dei quali sono diventati miei amici – che mi raccontano della loro vita, di come si alzino la mattina presto e vadano a letto la sera tardi, sempre al lavoro. Una volta, il mio Commercialista, un ex compagno di studi, ebbe a dirmi che, ad agosto, non ricordava di aver fatto una domenica a casa dalle feste di Natale. Non so se siano iperboli, ma ascolto tanti racconti di commercialisti che si lamentano del burocrate, del Ministero o dell’agenzia delle entrate, di come non siano liberi di programmare le vacanze quando desiderano, ma quando lo decidono altri. Poi, mi raccontano del cliente, di come un tempo  – sovente si deve andare indietro di molti anni – questo avesse rispetto del loro lavoro, pagasse puntualmente, e di come invece oggi siano sempre gli ultimi ad essere pagati. Prova ad uscire da un notaio senza pagare! – mi dicono, con l’aperitivo in mano, in confidenza.

Bene, tutto bene; ma ve l’ha ordinato il medico?

Cioè, per carità, io sarò di parte e ho qui il dichiarato intento di formare delle persone su una specializzazione (la mia materia) al fine, altrettanto esplicito, di andare insieme a far consulenza sul mercato, su clienti trovati dalla nostra rete professionale, cioè in fin dei conti trovati da noi. Però, proprio per questo, e considerando che il mio ultimo problema è quest’anno trovare clienti (abbiamo già fatto su MasterBANK© oltre il doppio del budget previsto) posso permettermi di essere ancora più schietto del solito.

Il mio fine non è convincere nessuno; semmai, è scremare quelli motivati dai perditempo.

Davvero, non ho più tempo per ascoltare le vostre scuse, che raccontate a voi stessi, più che a me: la famiglia, i clienti, i colleghi, e “devo sentire cosa ne pensa mia moglie”, e “devo prima ascoltare cosa ne pensano i soci anziani del mio studio”, e “devo prima ascoltare il Vescovo cosa ne pensi”. Voi dovete soltanto ascoltare voi stessi, e lo sapete bene, solo che vi manca il coraggio per decidere.

E non state nemmeno a raccontarmi che il vostro caso è diverso, che la vostra Provincia è diversa, che il vostro è un piccolo studio in una realtà di periferia, che i vostri clienti sono piccoli, che il pallone è rotondo, che nel calcio ci sta anche questo e che rigore è quando arbitro fischia (cit.).

Non ho tempo per fare il parroco, io, non devo darvi l’assoluzione e non mi interessano i vostri peccati, che ne ho già abbastanza dei miei. Il mio problema è che coi San Tommaso non si va da nessuna parte, e che dopo anni di dubbiosi, ora che arrivano i clienti aziende, ho bisogno di gente decisa, che abbia capito cosa io scrivo da anni sulla strategia “blu ocean”.

Se esiste sul campo degli adempimenti obbligatori un mercato maturo di competizione sui prezzi – me lo dite voi, mica lo invento io! – esiste un altro mercato in pieno sviluppo, direi anzi in early stage, dove l’offerta è di gran lungo inferiore alla domanda che si genererà e si sta già generando.

Programmi e problemi

Io ho il problema di avere sufficienti nuovi iscritti, facendo selezione di quelli motivati, perché la rete di consulenza che abbiamo creato è partita, e i nostri commerciali (tutti finanzialisti che hanno fatto il percorso MasterBANK©, perché stiamo parlando di consulenza specialistica ad altissimo livello) hanno bisogno di altri colleghi finanzialisti tecnici a supporto, e io lo devo pianificare per tempo, anni prima.

Quindi, se proprio dovete verificare se l’investimento che dovete fare valga la pena, andate su questo sito e girate ascoltando le testimonianze di vostri colleghi, e se non vi basta scrivete ai contatti del sito e chiedete i telefoni. Parlateci voi; con chiunque già iscritto, a caso, estratto a sorte, che tanto so già cosa vi diranno. Con me, no; non ho tempo per parlarvi, e non ho proprio la pazienza io per dovervi “convincere a venire”.

Chi mi conosce – e i miei “allievi” lo sanno bene – al primo tentativo di far la gara a chi ce l’ha più lungo nelle competenze, o al primo “mi convinca che mi possa servire”, vi espellerei immediatamente dal mio mondo.

Perché, dopo anni di lavoro, non sopporto proprio di dover dimostrare ancora qualcosa; lì ci sono le testimonianze, i video, le esperienze di consulenza che stiamo facendo insieme in azienda, e il progetto di rete di consulenza è nato soltanto il 25 maggio 2019.

Ci sono persone che fanno consulenza con me, in azienda, e altre che stanno facendo consulenza nella nostra rete professionale; ci sono testimonianze, casi pubblici, persone reali. Quelle persone, avendo molte meno informazioni di voi oggi, alzarono un telefono o mandarono una mail e parlarono con il Presidente di Win The Bank, il dottor Bolla, prendendo informazioni gratuite, prima di decidere liberamente se interessava loro o meno aderire al progetto.

Ergo, siate onesti con voi stessi e prendete una decisione: vi soddisfa pienamente il vostro attuale lavoro? Se la risposta è sì, non sarete nemmeno arrivati a leggere questa domanda. Se è no, allora sappiate che il fine di un Finanzialista non è soltanto quello di far fattura, farsi pagare bene, puntualmente e a scadenza, in un mercato che cerca professionisti di livello, in un mare magnum di generalisti improvvisati.

Certo, ci vuole un anno di studio e di pratica, perché io non prometto cazzate; del resto, non ditemi che siate diventati esperti in fisco o diritto societario in un week end, perché non ci crede nessuno.

Libero e bello

No, il fine non è solo quello; il fine è di riappropriarsi della parola “libero” che precede quella di professionista.

Significa ristabilire il diritto di fare noi il prezzo e non di subirlo, il diritto al rispetto dovuto come professionista di valore riconosciuto dal mercato, l’onore di far parte di una squadra invidiata da tutti, nella quale vive davvero la deontologia professionale, quella vera, prima di tutto quella di non rubarsi i clienti a vicenda ma anzi di collaborare per trovarli e gestirli insieme, di crescere come collettivo.

Parlo dell’orgoglio perduto, del senso di rivalsa, del piacere di risolvere problemi per il cliente e di non essere visto come quello che “annuncia problemi”, della soddisfazione di essere considerato un consulente vero d’azienda, e non un esattore fiscale dello Stato (peraltro, ricevendo da questi solo scaricamento di problemi, non certo uno stipendio pubblico per affrontarli).

Da ultimo, parlo del diritto di dire no, del lusso di poterlo affermare: no. Questa sera, non ci sono. Esco, vado a giocare a carte, a tennis, in bici, a leggere un romanzo, a bere una birra con gli amici, o magari resto a imbottirmi dei miei film preferiti davanti al televisore, e forse mi ci addormento anche perché ho diritto di riposare, dopo aver incassato una copiosa parcella dall’azienda che ho visitato nel pomeriggio, col mio personal computer.

Oppure, mi prendo un altro pomeriggio libero ed esco con la persona che mi piace a guardar la primavera, e gli alberi che cambiano le foglie.

Così; per il gusto di non arrivare d’estate e scoprire di averla vista scorrere dalle finestre, mentre la gente vera era fuori a passeggiare, felice di poterlo fare.

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