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Perché un Commercialista deve studiare MasterBANK World

Antefatto: una storia aziendale

Una dozzina di anni fa, operavo come consulente economico del Sindaco della mia città. Con tale qualifica, io frequentavo assiduamente l’ufficio dell’Assessore al Bilancio. Uno dei miei incarichi professionali era quello di analizzare i bilanci delle società partecipate del Comune (circa una quarantina), e fornire consigli professionali alla Giunta comunale, partendo dall’Assessorato al Bilancio e programmazione economica.

Un giorno mi venne chiesto di fare un’analisi del bilancio di una delle società partecipate, che veniva considerata “il fiore all’occhiello del nostro Comune”. Studiai le carte, a seguito di regolare incarico di consulenza (ben retribuito, vi assicuro), poi presentai la mia perizia.

In essa, ricordo bene che era presente una slide – che allego in questo articolo – che gettò nel panico l’intera giunta comunale. Io dimostrai, dati alla mano, che la percezione che la classe politica aveva dell’azienda partecipata era completamente errata. In quella slide io scrivevo che quella impresa, che sembrava ottima, si era mangiata 15 milioni di cassa in 3 anni. L’Assessore al Bilancio aveva delega alle società partecipate, e quindi capì che era necessaria una diversa strategia per avviare un dialogo professionale con la banca che si voleva interpellare per sostenere iniziative della società partecipata.

Ma cosa cosa significa “dialogo professionale” con la banca?

L’applicazione professionale della teoria

Gli inesperti in questa materia sono sempre alla ricerca del “software” miracoloso, della pozione magica che, come nei fumetti di Asterix, consenta di debellare il nemico. Ho una cattiva e una buona notizia per voi.

La cattiva: non esiste nessuna pozione magica

La buona: ve la potete costruire con la conoscenza

Dopo tanti anni di docenza universitaria in comunicazione finanziaria e in finanziamenti d’azienda, ritengo doveroso ricordare il ruolo di supporto al dialogo bancario tra impresa e cliente, svolto dal professionista. In un’epoca nella quale, in previsione della crisi di impresa, molti improvvisati penseranno di trovare un business di consulenza obbligatoria dettata dalle norme, rimane in verità un interlocutore principe in tal senso: il professionista specializzato in finanziamenti d’impresa. E’ ben vero che ciò cui penso, quando parlo di dialogo professionale, è una complessa analisi finanziaria di quel complesso di informazioni dato dal bilancio, sia in logica retroattiva, sia in logica prospettica. Mi riferisco cioè non certo ad una banale “analisi del bilancio”; ma ad un complesso e strutturato modello di analisi che in dottrina si definisce “rating sintetico”. In altri termini, dato che i sistemi coi quali potremmo dover dialogare sono i rating esterni (ma solo se avremo come clienti imprese “corporate” o più probabilmente “large corporate”) o i rating interni delle banche (variamente configurati, per diverse tipologie di banche e dimensioni di impresa, anche piccole o micro), allora i professionisti dovranno dotare i propri studi professionali di sistemi di rating sintetici. Tali sistemi, come noto, hanno ovviamente una minore complessità dei modelli che intendono replicare, ma ne seguono le stesse logiche internazionali. Pertanto, in una accezione ristretta potremmo dire che tali modelli servono a “dialogare con le banche” sotto un linguaggio finanziario.

Tuttavia, dopo tanti anni, riconosco che tale visione è miope.

Prima di tutto perché il modello sintetico, pur avendo finalità di analisi sia retroattiva sia prospettica, può benissimo essere adatto ad altre logiche di comunicazione esterna, per esempio con fondi chiusi o portatori di capitale di rischio in genere, di matrice bancaria e non. La seconda ragione è perché, in realtà, tale analisi professionale consente al Commercialista di svolgere la professione del consulente, e non del “compilatore di bilanci a fini fiscali.” In tale seconda visione, a prescindere dunque dalla necessità di fabbisogno finanziario, e quindi a prescindere dalle necessità di reperimento di capitale, il libero professionista può benissimo – rectius, a mio parere deve – svolgere un ruolo di consulente aziendale, anche in momenti non coincidenti con quello di approvazione del bilancio.

In tal senso, il ruolo del Commercialista non è più quello, a mio parere meno qualificante, della costruzione di lavori derivanti da adempimenti normativi ex post, quanto quello di costruttore di modelli di analisi atti alla vera consulenza aziendale, anche in logica ex ante o predittiva.

L’impresa del cliente è in equilibrio reddituale?

E’ in equilibrio patrimoniale?

E’ in equilibrio finanziario?

Naturalmente esistono due ostacoli, due barriere all’ingresso a tali analisi, utili in qualsiasi momento dell’anno ed anzi sviluppate dalle imprese medie e grandi con continuità, almeno in ipotesi di going concern. La prima è di tipo cognitivo; se per esempio si pensasse che l’equilibrio economico fosse dato da un differenziale positivo tra ricavi e costi, quali ad esempio l’EBITDA, l’EBIT, l’EBT o il Net profit, vi sarebbe un grave gap cognitivo da recuperare.

Ma, posto che il professionista conosca bene come sviluppare le analisi professionali di matrice finanziaria, rimane il fatto che gli analisti bancari o dei fondi di equity sono dotati di sistemi di rating (sviluppati in tempi lunghi e con investimenti rilevanti), mentre egli parte dotato di una penna, un foglio di carta e una calcolatrice sul tavolo.

Quindi, cosa consiglio di fare?

In pratica professionale, il mio consiglio è quello di dotarsi invece di modelli proprietari, aperti, strutturati, rigorosi e flessibili al contempo, atti a standardizzare il lavoro e consentire economie di scala tali da remunerare altamente il lavoro specialistico svolto. Da ultimo, si tratta di far comprendere il valore strategico di queste analisi; problema di comunicazione facilmente superabile avendo a disposizione modelli atti a far emergere all’imprenditore analisi, grafici, tavole di interpretazione della vita aziendale. Non conosco imprenditore che, una volta reso edotto della utilità di tali analisi, sia in termini di spiegazione del pregresso sia in termini di validità predittiva, non se ne sia appassionato, a prescindere dal livello cognitivo e dalla dimensione aziendale.

Il Commercialista, con tale approccio, a prescindere dal problema di gestire un financial flow, derivante dal problema di unlevered cash flow negativi, e quindi anche in assenza di problematiche di finanziamento, diventa così un consulente strategico, riappropriandosi del ruolo proprio di consulente vero della dinamica aziendale, da interpellarsi ex ante, prima delle decisioni, e non ex post, con la logica del “dottore, come posson pagare meno tasse”?

 

A cosa serve studiare MasterBANK World

Orbene, volete sapere come io feci a fare questa consulenza? Partendo esattamente dalle lezioni teoriche del primo modulo di MasterBANK World, dal titolo “Elementi propedeutici di Finanziamenti d’Azienda”. Se studiate come è strutturato il sito, trovate il programma didattico biennale. Nel secondo anno, trovate nelle lezioni di Finanziamenti d’Azienda esattamente i concetti teorici che servono a fare questa consulenza: il significato di FF (Financial Flow), che deriva dalla logica del rendiconto finanziario internazionale.

Ora, ci sono persone che pensano che queste lezioni teoriche non sia utili alla pratica professionale. Sono quelle persone che cercano sempre la scorciatoia, la pozione magica, il “software” miracoloso. Io, per fare una consulenza importante, bene retribuita, sono partito dallo studiare, per anni, esattamente le cose che spiego a voi nelle lezioni del primo corso, che alcuni pensano di snobbare perché vogliono correre, saltare le tappe, andare subito in banca.

Alcuni diranno: eh, ma le cose che servono per fare la consulenza di cui ci parla in questo articolo sono al secondo anno del Corso. Perché non farle prima? La risposta è che io ho studiato anni, e che so che voi avete ben poco tempo per farlo, e quindi ho previsto un ciclo di lezioni modulare, con un paio di lezioni al mese. Il dialogo professionale si costruisce in anni di studio, partendo dalle basi, con umiltà.

Dialogo professionale di supporto all’imprenditore nel dialogo con la banca significa, in conclusione, dotarsi di competenze altamente specialistiche e strumenti proprietari atti a far emergere un diverso ruolo rispetto a quello, marginale, di gestore di adempimenti obbligatori, avulsi dalla logica strategica aziendale.

Al contrario, il Commercialista, proprio per la sua capacità di fornire elementi razionali di analisi numeriche di matrice finanziaria, può tornare ad essere il naturale interlocutore dell’imprenditore, da consultare prima di fare le scelte – ivi compresa quella di “andare in banca” – e dal quale attendersi non pareri verbali, ma documentati da poderose, rigorose ed articolate analisi di valore.

Valore finanziario, si intende, comprensibile al destinatario prioritario della comunicazione finanziaria: la banca.

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