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Perché il Commercialista dovrebbe usare la logica dei Rating

Anni or sono, sviluppai con un paio di amici di banca un modello di analisi finanziaria del bilancio.

Quando parlo di amici di banca intendo manager che avevano l’interesse a dotare il proprio personal computer di uno strumento snello e veloce, ma al contempo rigoroso e potente, di analisi dei bilanci.

Per quale ragione un manager bancario potrebbe fare un ragionamento del genere?
La ragione è che il sistema di rating interno bancario è molto completo, potente e sofisticato ma, disgraziatamente, contiene formule chiuse e ignote, perfino ad alti livelli della banca. Dall’altro lato, iniziare una procedura commerciale su una nuova azienda cliente comporta complesse e rigorose procedure (visite in azienda, raccolta firme, caricamento dati, ecc.), che costituiscono un costo non trascurabile per la banca (e un danno di budget al suo manager).

E se, alla fine di tale procedura commerciale, il sistema dicesse “no”?

Così, nel mio studio, molti anni fa, per diverse esigenze un libero consulente e un paio di manager di due diverse banche ragionarono insieme per il bene dei propri diversi clienti, elaborando nel proprio tempo libero un modello da usare per le rispettive attività di consulenza.

E quale era l’interesse del sottoscritto? – chiederà qualcuno. Io non avevo i costi di una banca, naturalmente.

Eppure, ritenevo che il mio tempo avesse un costo. Elevato.

Il valore finanziario del tempo

Nella mia ultima lezione ai commercialisti a Bologna trattavo della valutazione finanziaria degli investimenti, ricordando il terzo pilastro della teoria del valore: il valore finanziario del tempo.

Una analisi finanziaria di un bilancio è certamente una tecnica che si può apprendere, ma la sua applicazione, passando dalla teoria che si insegna in qualsiasi business school alla prassi professionale, è esercizio pratico non banale. Infatti, noi impiegammo molte giornate di lavoro (di sabato, nel nostro tempo libero), per elaborare un modello di analisi finanziaria che fosse sufficientemente elastico e completo da poter essere applicato a qualsivoglia tipologia di azienda, in qualsiasi settore.

Mi accorsi immediatamente, lavorando a fianco degli amici che lavoravano in banca, di come la loro logica fosse diversa dalla mia. Ero abituato alle riclassificazioni classiche del bilancio, e mi trovavo a leggere i numeri in modo diverso, per me inusuale, in un certo senso “rovesciato”.

Insomma, non era più lo stato patrimoniale come ero abituato a leggerlo io, leggendo i bilanci prodotti dalle centinaia di dottori commercialisti con i quali, in tanti anni di professione, avevo lavorato come specialista della parte finanziaria.

Per esempio, mi accorgevo che agli uomini di banca interessava evidenziare alcune poste, come il capitale investito lordo, ben diverso dal capitale investito netto.

Si veda, a titolo di esempio, la logica della figura 1.

Figura 1

Come si vede, interessa alla banca evidenziare dello stato del patrimonio alcune poste, come i debiti non finanziari a medio e lungo termine, il capitale investito netto e la posizione finanziaria netta a breve, con ulteriori dettagli intermedi (infragruppo e verso terzi).

Consiglio professionale

Alla banca interessano diverse logiche di quadratura. Un normale prospetto fonti e impieghi sviluppato in logica tradizionale comporta molte decine di voci. In logica finanziaria internazionale, si osservano invece soltanto quattro voci, di cui due in attivo e due in passivo, con i totali a pareggio. Tuttavia, questa ben nota teoria, insegnata in tutte le moderne business school, non è affatto semplice da realizzare in pratica.

Perché? – si chiederà il Commercialista.

La risposta si trova nel fatto che semplicemente i totali a pareggio sono diversi, il che comporta logiche di compensazione che – qualora effettuate manualmente – comportano moltissimi calcoli, con elevata probabilità di commettere errori concettuali.

Di qui, il mio consiglio di dotarsi di modelli sintetici come ad esempio quello illustrato in figura 2.

 

Figura 2

Come si nota, al passivo dello stato patrimoniale riclassificato in logica finanziaria compaiono solo poste finanziarie, di debito o di patrimonio. Eppure, nel bilancio esistono molte poste di natura operativa.

Ovviamente, saranno state fatte sparire in attivo, secondo logiche di compensazione e aggregazione. Il che, se da un lato comporta una semplificazione di risultato, comporta anche una complicazione di analisi.

Infatti, si deve semplificare, notevolmente, un bilancio che parte da un numero notevole di voci. Si noti, ad esempio, il numero delle poste, collocate in un normale foglio elettronico (tratto dagli strumenti che metto a disposizione durante il corso MasterBANK), nella seguente figura 3.

Figura 3

La cosa che appare evidente è il diverso numero di quadratura, poiché il totale delle passività non coincide assolutamente con il totale delle fonti, come riclassificate in una procedura di analisi bancaria.

Pertanto, nella logica finanziaria serve una competenza specifica per riscrivere il bilancio (lo spiego nel dettaglio al corso MasterBANK) scritto in centinaia di numeri per compattarlo in quattro voci (si veda fig.4).


Figura 4

Il vantaggio della riscrittura del bilancio in logica finanziaria – inter alia – è dato dal fatto che con questa riscrittura, niente affatto banale in pratica, è possibile leggere al passivo il vero leverage finanziario, dato dalla seguente equazione (1):

(1) Leverage = D / E

In altri termini, il vero leverage finanziario è dato dal rapporto tra le fonti onerose di capitale, distinte in forme di debito (solo finanziario) e di capitale. Tale indicatore, come vedremo in futuri articoli, è di determinanza fondamentale nella valutazione del rating interno bancario.

Conclusioni

Dotare il nostro studio professionale di modelli di analisi finanziaria consente al Commercialista di usare questa diversa logica. La ragione essenziale per cui dovrebbe farlo è di tipo sia culturale, sia pratico. Dal punto di vista culturale, tale riscrittura consente di apprezzare al meglio la dinamica di impresa, anche – rectius, soprattutto – in logica ex ante.

Si tratta, in altri termini, di un’azione necessaria alla consulenza evoluta, e quindi destinata in primis al nostro cliente (a prescindere dalle sue necessità finanziarie). In secundis, sul piano pratico, è essenziale alla fine del dialogo con il sistema bancario, poiché consente di individuare prontamente indicatori, quali il citato leverage (finanziario), che sarebbe arduo determinare dalla lettura del bilancio classico.

Poiché tale analisi è quella effettuata dal portatore di capitale terzo, sia esso a titolo di rischio, di debito o ibrido, allora dal punto di vista pratico significa consentire all’impresa di meglio discutere con il sistema finanziario, che segue tali logiche internazionali.
A mio modo di vedere, il Commercialista è il naturale depositario di questo bagaglio informativo e gode, in pectore, di una posizione dominante che, in una matrice delle cinque forze di Michael Porter, potrebbe consentirgli di erigere delle significative entry barriers.

Mi riferisco non solo ai potential entrants (potenziali entranti), ma anche ai numerosi substitutes (sostituti). La principale barriera all’ingresso rispetto ai numerosi recenti attacchi alla professione del Commercialista, così bene pianificati sul piano marketing, è data da un fattore chiave, nella mia analisi strategica: il knowledge.

La conoscenza, infatti, è il principale ostacolo (entry barrier) alla concorrenza, e consente al Commercialista – che ha certamente tra i suoi punti di forza la capacità e la disponibilità allo studio rigoroso e continuo – di erigere forti barriere all’ingresso per i concorrenti e di acquisire posizioni dominanti nel mercato della consulenza dei prossimi anni.

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