Come ho spiegato in precedenti articoli, il piano industriale di una start up è necessariamente la parte finale di un lavoro di sviluppo, anticipato da una robusta parte descrittiva. Quella parte, doverosamente, è scritta dall’imprenditore con la supervisione del Commercialista.
Se viene seguita la mia metodologia, a questo punto del lavoro, dovreste aver ricevuto un file in formato di foglio elettronico nel quale, su vostra precisa indicazione, l’imprenditore dovrebbe consegnarvi i value driver necessari per lo sviluppo, a tavolino, del progetto di impresa.
Quali sono le parti che la dottrina raccomanda vengano sviluppate nel business plan di una start up ?
Procediamo con ordine. Necessariamente, in questo articolo dovrò fare uso di molte figure poiché la parte che qui si tratta è quantitativa, cioè occorre a questo punto inserire i numeri del business plan. In tale senso, le tabelle aiutano a comprendere la logica del ragionamento.
La prima vera tavola di consulenza del Commercialista dovrebbe essere quella delle fonti e degli impieghi.
Come si vede, in questa tavola solo un professionista può dimostrare la corretta copertura degli impieghi negli anni futuri, con corretta allocazione delle fonti di copertura, distinguendo separatamente quelle di carattere oneroso da quelle di carattere non oneroso, e quelle di breve periodo da quelle di lungo termine.
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La seconda tavola di consulenza dovrebbe essere quella che spiega al lettore l’evoluzione degli impieghi che, nella logica patrimoniale, è quella degli attivi, cioè del dare dello stato del patrimonio. Si veda la tavola seguente.
Come si vede, è consigliabile presentare un business plan che, in futuro, usi definizioni analoghe a quelle dello stato patrimoniale consuntivo, al fine di consentire una più agevole comparazione delle voci. Analogamente, è doveroso costruire la tavola del passivo, come in figura seguente.
Naturalmente, se il lavoro è corretto, i totali pareggiano.
Un lavoro corretto di business plan per start up a questo punto dovrebbe contenere un conto economico riclassificato in modo tale da prendere i dati ricevuti dall’imprenditore e quadrarli nella logica dell’EBITDA (in italiano assimilabile al MOL).
Si veda l’esempio seguente.
A questo punto, raccomando di sviluppare il conto economico competo, come segue.
Si noti come il risultato di conto economico sia diverso dal cash flow di gestione ordinaria.
Uno dei problemi dell’analisi di business plan prospettici è quello di saper apprezzare correttamente la dinamica della gestione. Può aiutare molto il Commercialista – ma anche il lettore esterno – il fatto di inserire tavole di analisi per indici. Si veda l’esempio della figura seguente.
Si osservi nella figura il leverage finanziario e la sua formula. Tale indice è di certo interesse di un lettore esterno, specialmente il portatore di capitale di debito a qualsiasi titolo.
Altro passo necessario è illustrare i flussi finanziari totali: si veda la figura seguente.
Sovente, l’imprenditore minimizza l’importanza di un business plan sviluppato in modo corretto, perché si limita a dire: “dottore, la banca mi ha chiesto un business plan; può buttarmi giù due numeri?”. Ci sarebbe da discutere molto sulla razionalità di tale espressione. Mi limiterò a far notare che appare quanto meno una diminutio della complessità di un lavoro che, se sviluppato in modo professionale, necessita competenze non rinvenibili facilmente. Si noti, ad esempio, la complessità della determinazione corretta di talune poste di bilancio prospettiche, nella figura seguente.
Ritengo sia corretto far percepire al vostro cliente l’importanza del vostro lavoro, che non può essere né minimizzato, né sottovalutato, ai fini non solo dell’ottenimento di un valore finanziario, ma anche dell’apprezzamento della corretta futura gestione aziendale.
Se poi tale lavoro è sviluppato per una start up, maggiormente si tratta di una consulenza qualificata e delicata, poiché la credibilità del progetto e la sua sostenibilità – anche in termini di conseguenze – dipende dalla qualità del vostro elaborato professionale.
Vi consiglio di concludere il vostro lavoro con la parte dei flussi di cassa, come da tabella seguente.
Si noti che il flusso di cassa della gestione complessiva quadra con la variazione di liquidità.
Naturalmente, la variazione di liquidità potrebbe essere calcolata in un secondo facendo semplicemente la differenza della posta cassa e banche dell’attivo di due successivi stati del patrimonio, come noto.
Tuttavia, la valenza informativa di questo prospetto è straordinaria e insostituibile. Essa ci dice infatti non solo quanta cassa si produce, si libera o si consuma, ma anche dove, e perché.
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In questo articolo ho indicato al Commercialista quali sono le parti logiche del business plan quantitativo in una azienda in start up (nel mio corso MasterBANK spiego nel dettaglio ogni singola parte del business plan di una azienda in start up, e fornisco gli strumenti professionali per realizzarlo in logica finanziaria).
Tali parti non sono affatto semplici o banali da determinarsi, e richiedono completenze altamente specialistiche, poiché le quadrature dei conti economici, degli stati patrimoniali e dei flussi di cassa appaiono esercizi di non poco conto.
In tale logica, emergono due conclusioni.
La prima è che il lavoro del Commercialista, sviluppato secondo questa metodologia, è largamente apprezzato dal valutatore esterno, per esempio una banca o un fondo.
La seconda è che, stando così le cose, appare allo scrivente opportuno rivalutare il ruolo del Commercialista, che nell’immaginario collettivo, almeno negli ultimi anni, è stato ricondotto a soggetto da interpellare soltanto ex post, in sede di dichiarazione e a fini meramente fiscali.
Al contrario, il Commercialista è, a mio modo di vedere, il naturale depositario del sapere aziendale, anche – rectius, soprattutto – in sede di determinazione dei valori, cioè in logica ex ante. In tale senso, esiste per il Commercialista un ruolo di elevato standing nella determinazione dei valori, non solo per le aziende in continuità ma anche per quelle nella fase iniziale del ciclo di vita dell’impresa.