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Come un Commercialista dovrebbe analizzare un bilancio in logica bancaria

Sabato sera ero a Bologna, al termine di una mia lezione in un albergo, sul tema delle valutazioni finanziarie di investimenti aziendali. Nella pausa caffè, si avvicina uno degli iscritti, un amministratore delegato di una società in un gruppo del settore immobiliare, e mi pone una domanda sul suo bilancio, presentandomi una relazione stampata sulla base di un modello da me fornito in una precedente lezione.

Guardo i quattro anni riclassificati, e pongo due domande su due indicatori che, a mio avviso, presentavano un evidente segnale di distonia rispetto al passato.

Egli, sorpreso, mi risponde che, in effetti, proprio in quell’anno aveva cambiato Commercialista, e logica di riclassificazione.

Attorno a noi si era creato un capannello di altri cinque o sei commercialisti, che avevano altre domande da pormi.

Ho suggerito all’amministratore delegato dell’azienda di confrontarsi con loro sul caso, e in pochi minuti persone che avevano la stessa impostazione cognitiva sono andati in modo propositivo al cuore del problema e hanno identificato un consiglio professionale.

La cosa interessante è che quella impostazione cognitiva non era quella della riclassificazione classica, ma usava l’unica chiave oggi importante:

quella bancaria

La chiave bancaria

Tale chiave di lettura non è affatto scontata.

Anni fa – molti, purtroppo – avrei guardato gli stessi bilanci e avrei dato una risposta diversa, classica. Ma, dopo aver frequentato le banche per mia scelta professionale per molti anni, ho appreso la loro logica di analisi del bilancio, che non è esattamente quella comunemente illustrata nelle Università italiane.

L’impostazione italiana prevalente, come noto, è quella reddituale e patrimoniale, e si insegna comunemente una analisi del bilancio basata su indicatori noti a tutti i commercialisti. Purtroppo, nella prassi aziendale delle banche, l’occhio allenato scorre ad altri indicatori, che spesso non sono affatto facili da calcolare, se non si dispone dei corretti strumenti cognitivi.

Quando parlo di frequentazione delle banche non mi riferisco soltanto alle mie frequentazioni di banchieri, coi quali non di rado partecipo a trasmissioni di economia o scrivo articoli a più mani su riviste di settore, ma anche e soprattutto con le donne e uomini di banca. Per donne e uomini di banca intendo persone ad alti livelli ma con un ruolo dirigenziale operativo, in grado di trasmettermi, in lunghi anni di frequentazione, le loro modalità di analisi.

Con grande umiltà, negli anni, io ho scoperto che le mie conoscenze erano assolutamente inadeguate a ragionare con la loro testa. Dal momento che i miei clienti avevano bisogno delle banche – perché non vivevano su Marte – ho ritenuto di dover capire la diversa logica dell’interlocutore con il quale, volente o nolente, era necessario confrontarsi, nell’interesse reciproco.

Tale logica è complessa e particolare.

La complessità dell’analisi bancaria

Faccio un esempio, al fine di consentire al lettore di meglio apprezzare il ragionamento. Nella nostra comune visione del bilancio, le immobilizzazioni si distinguono in materiali, immateriali e finanziarie. Riguardo alle ultime, io ero abituato a immaginare un paio di voci nel bilancio, pensando alle partecipazioni e alle altre immobilizzazioni di poste non operative e di lunga durata.

Mi sbagliavo, e di molto.

Si veda la figura 1.

Figura 1

Come si nota, la sola voce delle immobilizzazioni finanziarie richiede di riclassificare ben quattordici poste del bilancio. D’accordo, qualcuno dirà; ma io generalmente seguo aziende che non hanno immobilizzazioni finanziarie, quindi questa osservazione non mi interessa.

Osservo allora un paio di considerazioni:

  1. In primis, analogo discorso potrebbe essere fatto per qualsiasi altra voce, come i crediti, ad esempio
  2. In secundis, se io voglio essere uno specialista del bilancio devo essere pronto ad ogni eventualità: e se domani mi capitasse un’azienda con partecipazioni?

Oppure, l’altro giorno ero con una mia ex allieva Commercialista, in una mia azienda a fare consulenza. A brevissimo lei, studiosa rigorosa e meticolosa di finanza, continuerà da sola la consulenza in azienda, avendo ormai tutte le competenze necessarie per operare sui nostri clienti della nostra rete professionale. Dato che stavamo operando in un altro tema, quello della costruzione di un file di cassa per monitorare lo stato di liquidità di un’azienda del settore rubinetteria, in quel file era doveroso distinguere non solo la disponibilità di cassa, ma anche, ovviamente, la posizione finanziaria totale e quella a breve.

Ebbene, se guardiamo al bilancio riclassificato, la PFN a breve è un dato essenziale da monitorare, per il commercialista.

Eppure, anche questo apparentemente semplice dato richiede una qualche competenza di analisi, perché richiede nozioni finanziare basilari.

Molti anni or sono, credevo bastasse fare una semplice differenza tra due numeri. Lavorando alla costruzione di sistemi di rating sintetici con donne e uomini di banca ho appreso che, per costruire un sistema rigoroso di analisi in chiave finanziaria, quella semplicità scritta sui manuali che tutti abbiamo studiato non era sufficiente.

Di nuovo, mi sbagliavo di parecchio.

Si veda la  figura 2.

Figura 2

 

Consiglio operativo

Abbiamo parlato in questo articolo soltanto di un paio di numeri del bilancio riclassificato in chiave bancaria, che richiede ovviamente la determinazione dei vari tipi di posizione finanziaria netta. Eppure, abbiamo visto che sia le partecipazioni, sia la PFN non si trovino facilmente in bilancio.

Peraltro, si osservi che nella figura 2 si è parlato di qualcosa da sottrarre nei debiti finanziari a breve, per i quali occorre andare a riclassificare sei poste del patrimoniale. Ma nulla si è detto del valore da compensare. Anche qui, molti anni fa avrei pensato, sulla base dei miei vecchi studi, che bastasse prendere la “cassa e banche” dell’attivo patrimoniale.

Ancora una volta, mi sbagliavo, come mi è stato fatto osservare dagli analisti di banca che mi hanno insegnato la loro logica. Il punto non è, cari dottori e dottoresse, chi abbia ragione, perché è indubbio che, se si ragiona in logica bancaria, ha ragione la banca. Infatti, è il sistema di rating interno di una banca che usa la logica finanziaria e, se vogliamo confrontarci con quella logica, dobbiamo apprenderne le visioni e le tecniche.

Dato che però i bilanci che noi vedremo, se siamo specialisti, sono davvero centinaia, possono capitare combinazioni anche complesse di numeri, e dobbiamo essere pronti a tutte le ipotesi contemplate dal nostro Codice Civile.

Se provate a mettere i dati di un patrimoniale in un foglio elettronico, scoprirete facilmente che si superano le circa centocinquanta righe. Eppure, in logica finanziaria si devono compattare a quattro numeri. Se non vogliamo impazzire sulle calcolatrici, perdere giorni di lavoro e rischiare errori di quadratura – credetemi, l’analisi bancaria non è banale – allora vi consiglio di dotarvi di un modello di analisi proprietario, come ad esempio quello della figura 3, che risponde a una delle migliaia di quesiti possibili che vi verrete a trovare in un lavoro professionale.

Vogliamo sapere cosa entra in attivo nel calcolo della PFN a breve di cui alla precedente figura?

Si osservi la seguente figura.

Figura 3

Il mio consiglio operativo è quindi quello di dotarsi di modelli di riclassificazione sintetici, in grado di dialogare con quelli, più complessi, del sistema bancario, che seguono tuttavia la medesima logica finanziaria.

 

Conclusioni

Dotare il nostro studio professionale di modelli sintetici consente al libero professionista di svolgere il proprio lavoro ad un superiore livello di analisi, specializzandosi in una logica non difficile, ma nemmeno intuitiva o banale.

Tale logica vede, a mio parere, il Commercialista come naturale interlocutore del sistema finanziario, sia esso visto come portatore di capitale di rischio, di debito o ibrido al cliente. Naturalmente, quando parlo di interlocutore intendo un professionista che, a differenza di coloro che si limitano a un “passare le carte”, è in grado di svolgere, come previsto dall’ordine professionale, una rigorosa e approfondita consulenza in una parte della finanza aziendale che si chiama finanziamenti d’azienda.

Tale logica, confrontandosi con quella del sistema finanziario, consente una consulenza di alto valore non solo in chiave retroattiva, ma anche – rectius, soprattutto – prospettica.

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