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Come realizzare la parte descrittiva di un Business Plan per Start Up

Quando un gruppo di imprenditori vogliono fare nascere una nuova impresa, tecnicamente si parla di start up, che è un’impresa all’inizio della fase del ciclo di vita.

Essa non è da confondere con le NTBF (new technology based firms), cioè le imprese che, oltre ad essere start up, sono il sottoinsieme delle stesse caratterizzate da tecnologia innovativa.

In questo articolo voglio dare al Commercialista alcuni consigli sulla consulenza del business plan, parte descrittiva, di una generica start up.

Perché la parte descrittiva?

Intanto, perché parlo di parte descrittiva? Perché, quando nasce un’impresa, l’imprenditore effettua il seguente percorso: CNB.

  1. Commercialista

  2. Notaio

  3. Banca

Il che, tutto sommato, non è errato, come percorso logico. Peggiori sono le combinazioni NBC, oppure BNC. Quando, cioè, il Commercialista è l’ultimo a sapere le cose, solitamente, diventano più complesse.

Perché? Perché si scoprirà che, la banca, richiede all’imprenditore un business plan.

Nell’ultima trasmissione televisiva in cui sono stato ospite, era presente un noto e autorevole banchiere, il Presidente Corrado Sforza Fogliani, il quale ha, senza mezzi termini, spiegato che la banca, in caso di start up, valuta non le garanzie, ma il business plan. Del resto, la banca non può valutare su un bilancio che, ovviamente, non esiste ancora. Tuttavia, molti imprenditori si rivolgono all’ultimo momento dal Commercialista, chiedendo di redigere il business plan, nella idea generale che “basta metter giù due numeri”. Così non è; serve la parte descrittiva.

La funzione della parte descrittiva

La funzione della parte descrittiva – lo affermo per essere stato innumerevoli volte dall’altro lato della barricata – è quella di rendere intelleggibili i numeri.
Se, da un lato, il business plan deve essere quantificabile, cioè dotato necessariamente di numeri, dall’altro deve essere trasparente, cioè i numeri devono parlare.
Buttare dei numeri sulla carta, senza renderli comprensibili, misurabili e quantitativamente apprezzabili – in quanto privi di spiegazioni – è del tutto inutile.

Al fine di rendere intelleggibili i dati della parte quantitativa, il Commercialista deve dotarsi di una struttura mentale di riferimento, atta a far capire al lettore la logica del documento. Ma si presti attenzione al fatto che, nella mia metodologia, è l’imprenditore a dover dare al Commercialista tutto il piano di impresa, cioè tutte le informazioni necessarie a redigere la parte quantitativa.

Semmai, è il Commercialista a dover dare all’imprenditore una struttura, per poi ricevere dall’imprenditore delle parti, scritte, da correggere e integrare.

Qualcuno dirà che questa è teoria, e che nessun imprenditore mai si metterà a scrivere il proprio piano di impresa.
Certo; sono gli imprenditori che presto o tardi vi chiameranno per una procedura concorsuale. Non conosco, al contrario, un imprenditore di successo, affermato, che non abbia curato personalmente, redigendola in prima persona, il proprio piano di impresa. E’ solo una questione di rapporti, di regole, di autorevolezza e di metodo.

Il Metodo (cenni)

Nel mio metodo, il Commercialista guida l’imprenditore nella stesura del proprio piano di impresa, secondo una mia metodologia (che richiede due giorni in aula per essere spiegata). Qui, dati gli spazi di un articolo, posso soltanto far cenno al fatto che il Commercialista guida l’imprenditore su due logiche, sequenziali:

  1. Logica della scelta strategica
  2. Interazione delle scelte strategiche

Voglio allora darvi due consigli, per fare consulenza alle imprese in start up. Dopo aver chiarito la filosofia sopra descritta – e cioè che il piano descrittivo va scritto dall’imprenditore e corretto da voi – vi consiglio di seguire la seguente procedura, articolata nei due consigli pratici, che riassumo nei due schemi seguenti.
Adottate i due schemi illustrati nelle due figure seguenti, nell’esatto ordine schematizzato negli schemi che andremo ora ad illustrare.

Consiglio operativo 1: LOGICA DELLA SCELTA STRATEGICA

Come primo consiglio operativo, vi consiglio di seguire il seguente schema.

Al fine di fornire all’imprenditore una traccia di punti da sviluppare, ricordate che lo schema di riferimento è il seguente:

Logica della scelta strategica – figura 1

Molto spesso, l’imprenditore parte dal fondo, e cioè dal piano degli investimenti, e la richiesta del business plan è legato alla loro necessità di finanziamento (di solito, da una banca). Non è la logica corretta.

Il professionista avveduto fa percorrere il percorso indicato nella figura precedente.

Come si nota, si parte dall’analisi di mercato, scendendo a discutere i punti successivi in quella esatta sequenza logica. Come si nota, al termine della parte descrittiva – e solo a quel punto – il Commercialista interviene con il piano economico e finanziario, che ha la doppia finalità di verificare la fattibilità economica e quella finanziaria.

 

Consiglio operativo 2: LE INTERAZIONI DELLE SCELTE STRATEGICHE

Come secondo consiglio operativo, vi consiglio di seguire lo schema successivo, nella figura 2. Al fine di fornire una traccia ragionata dell’indice, si consideri che:

  1. il piano marketing, il piano di produzione e quello di struttura sono legati tra loro;
  2. questi determinano il piano degli investimenti e del personale, e non viceversa;
  3. da queste scelte derivano la struttura di EBIT, EBT (per tax profit) e net income;
  4. dall’altro, si determinano le scelte sui fixed assets e sul working capital;
  5. tali scelte patrimoniali hanno effetti sul total funding e sul total assets;
  6. tali scelte hanno effetti sul leverage (D/E) e sul gearing (D/(D+E)).

Questi sei punti sono sequenziali e schematizzati in figura 2.

Le interazioni delle scelte strategiche – figura 2

Il Commercialista, seguendo puntualmente e rigorosamente questo schema logico, deve guidare l’imprenditore nella redazione del business plan descrittivo affinchè, soprattutto fino alla costruzione dell’EBIDTA, fornisca informazioni chiare quantitative sui budget di costi e di ricavi e sul loro significato.

Tutti i numeri di base, fino all’EBITDA, devono essere spiegati dall’imprenditore e rappresentati in un documento descrittivo che risponda alle logiche di marketing, produzione e struttura sopra indicate. Il Commercialista, solo in un secondo momento, interverrà per completare il documento nella parte quantitativa, soprattutto nei documenti patrimoniali (balance sheet) e finanziari (cash flow statement).

Conclusioni

In questo articolo ho fornito due consigli operativi, atti ad avere un quadro di riferimento utile a costruire un indice ragionato con l’imprenditore della parte descrittiva del business plan.
Non è possibile dare un indice universale, poiché ogni impresa è diversa e innumerevoli sono le varianti possibili.
Tuttavia, questi due schemi sono indicativi delle informazioni necessarie al Commercialista per redigere la successiva parte quantitativa.

Per poterlo fare, egli stesso, nel reciproco interesse – di consulente e imprenditore – deve saper guidare il cliente nella redazione del proprio documento (questo è oggetto di un corso esclusivo e molto pratico che vede come miei allievi i Commercialisti italiani che vogliono specializzarsi in finanziamenti d’impresa: è il corso Masterbank, l’unico corso in Italia che, oltre alla teoria di finanza d’impresa, ti fornisce gli strumenti informatici professionali pronti all’uso per fare consulenza).

Tale documento deve riguardare i budget necessari alla costruzione delle informazioni, ma ancora prima a spiegare le reali necessità aziendali, le finalità e gli scopi, i ritorni attesi.
In un prossimo articolo, fornirò consigli sulla stesura del business plan quantitativo delle imprese in start up, cioè quello che si può fare, dopo aver sviluppato questa prima parte.

 

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